Trollfest – Kaptein Kaos
2014 – full-length – NoiseArt Records
VOTO: 8 – Recensore: Mr. Folk
Formazione: Trollmannen: voce – Mr. Seidel: chitarra – Dr. Leif Kjønnsfleis: chitarra – Lodd Bolt: basso – Trollbank: batteria – DrekkaDag: sassofono – Manskow: fisarmonica, banjo
Tracklist: 1. Trolltramp – 2. Kaptein Kaos – 3. Vulkan – 4. Ave Maria – 5. Filzlaus Verkündiger – 6. Die Grosse Echsen – 7. Seduction Suit no.21 – 8. Solskinnsmedisin – 9. Troll Gegen Mann – 10. Sagn Om Stein – 11. Renkespill – 12. Kinesisk Alkymi – 13. Døden Banker På
I Trollfest questa volta hanno davvero esagerato. Giunti al sesto disco, senza paure e consci delle proprie qualità, hanno dato sfogo a tutta la malsana creatività che dal 2003 li ha portati ad essere, con lo scorrere degli anni e delle pubblicazioni, un gruppo di punta della scena folk metal internazionale.
Un suono unico, un’attitudine genuina come pochi, completamente svitati e autori, nonostante ciò, di un cd che alza l’asticella, una volta di più, dell’importanza di avere influenze extra metal nella propria proposta, non accontentandosi di inserire un certo strumento o una melodia lontana anni luce dal mondo heavy metal o dalla scena folk, ma inserendo veri e propri spezzoni all’interno delle proprie canzoni, riuscendo perfettamente a unire stili apparentemente in contrasto tra loro (ritmi tropic-caraibici, sonorità orientali ecc.) denotando, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che i musicisti, per quanto cazzoni, amanti dell’alcool e sempre al limite del ridicolo per quel che riguarda l’aspetto estetico, quando c’è da comporre musica di qualità sono più che lucidi e capaci di creare canzoni vere e fottutamente ispirate.
Musicalmente parlando Kaptein Kaos è meno estremo di quanto fatto in passato: urla furiose e blastbeat hanno lasciato spazio a chitarre rocciose (e rock) e arrangiamenti ariosi, ma non si tratta di un cambiamento totale in quanto, come vedremo, all’interno dei quarantotto minuti di durata del platter non mancano sfuriate da headbanging e stacchi perfetti per il sempre più di moda wall of death.
L’intro è di quelli classici dei Trollfest: due minuti e mezzo di suoni e rumori buoni per entrare nel mondo di Kaptein Kaos, il troll che ha inventato una macchina del tempo per viaggiare liberamente e, tra le altre cose, assaggiare cibo e bevande. La title-track è un tipico pezzo dei musicisti norvegesi con riff pesanti e il sax di DrekkaDag a spiccare sul resto, anche se il vero protagonista, come sempre, è lo scatenato Trollmannen. Furioso l’inizio di Vulkan, spassoso il bridge con i fiati e da applausi la parte “balkan metal” che arriva un attimo dopo la potente accelerazione di TrollBank, un martello pneumatico al drum kit. Quarta traccia in scaletta, dopo il violento finale di Vulkan, è il singolo Ave Maria, già nota per essere stata utilizzata come anteprima settimane prima della pubblicazione del cd. Si tratta di un buon pezzo “radiofonico” dove i Trollfest suonano dannatamente catchy senza perdere un grammo di personalità. La bravura di musicisti, e il successo di questo album, sta nella capacità di osare sempre di più suonando diversamente da quanto fatto in passato, ma rimanendo comunque se stessi. Poco più di sessanta secondi per l’intermezzo Filzlaus Verkündiger, dopodiché è il turno di Die Grosse Echsen, mid tempo semplice e melodico, con il ritornello caratterizzato dal sax del rustico DrekkaDag e cori da stadio. Un arpeggio di chitarra introduce Seduction Suit no.21, quattro minuti e mezzo strumentali dal sapore romantico che spianano la strada all’eccellente Solskinnsmedisin, uno dei pezzi più originali e riusciti nell’intera discografia della band di Oslo. Alla base extreme folk (definizione quanto meno riduttiva) si aggiunge un gustoso stacco di musica caraibica: tequila e temperature alte prendono il posto che era di idromele e neve, e il risultato è, oltre che spiazzante, anche divertentissimo! Per non parlare del finale dove, messe da parte distorsioni e aggressività, i Trollfest si trasformano in un vero e proprio gruppo centro americano. Neanche il tempo di pensarlo che arriva Troll Gegen Mann, un brutale assalto sonoro che compensa quanto ascoltato poco prima: la parte centrale, con il cantato clean, è eccezionale e dal sapore vagamente punk/hardcore. Sagn Om Stein inizia con un bel riff semplice e melodico per proseguire da una parte parlata e dal ritornello orecchiabile e scanzonato che ci ricorda quanto i troll norvegesi possano ormai far quel che vogliono senza perdere di qualità, anche se sicuramente ci saranno diverse persone che storceranno il naso durante la marcetta da balera romagnola (delizioso il breve solo di violino!). I primi secondi di Renkespill sono una sorta di tributo (volontario o meno non si sa) a The Trooper degli Iron Maiden in salsa folk, canzone che prosegue con il classico ritmo pazzo e discontinuo dei Trollfest, tra parti veloci e stacchi simil acustici. Kaptein Kaos ci sorprende con Kinesisk Alkymi: sonorità orientali si uniscono con il tipico sound della truppa guidata da Trollmannen, anche se il cantato clean stupisce non poco, per un risultato che fa pensare al risultato di un’ipotetica collaborazione tra i cinesi Tengger Cavalry e i Trollfest. Chiude il cd Døden Banker På, dalla strofa gagliarda e chorus dal piglio leggermente malinconico dove si alternano urla e voci pulite condite dal sax sulla base di accordi grassi e profondi.
La copertina è disegnata, come per i precedenti tre full length, da Jonas Darnell, autore del famoso fumetto “Herman Hedning”. Il risultato, come ampiamente prevedibile, è perfetto per la musica e i testi del disco. Del mixing se n’è occupato Endre Kirkesola (In Vain, Solefald, Sirenia, Blood Red Throne ecc.), mentre le registrazioni sono avvenute nel dUb Studio e nel noto Trollskogen Recording Facilities. Il suono è perfetto, massiccio e profondo, facendo suonare i Trollfest come una sorta di Andrew W.K. del folk, la band perfetta, con queste tredici canzoni, del balkan metal party-hard.
Kaptein Kaos è l’ennesimo successo targato Trollfest, un gruppo che è impossibile non amare sia per attitudine che per musica proposta. Nell’arco di dieci anni e di sei dischi, la band più brutta e sporca del folk metal ha raggiunto con i propri full length una qualità pari alla follia (e coraggio?) riscontrabile tanto in Willkommen Folk Tell Drekka Fest! che in questo Kaptein Kaos. Geniali.
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