Helheim – Rignir
2019 – full-length – Dark Essence Records
VOTO: 8,5 – recensore: Mr. Folk
Formazione: H’grimnir: voce, chitarra – Reichborn: chitarra – V’gandr: basso, vece – Hrymr: batteria
Tracklist: 1. Rignir – 2. Kaldr – 3. Hagl – 4. Snjóva – 5. Ísuð – 6. Vindarblástr – 7. Stormviðri – 8. Vetrarmegin
Gli storici Helheim arrivano con Rignir al traguardo del decimo album in studio e se si pensa al debutto Jormundgand del 1995 non si può fare a meno di rendersi conto che di strada la band di Bergen ne ha fatta davvero tanta. Strada spesso in salita, un po’ perché non sempre si possono scegliere i percorsi migliori, ma un po’ anche perché H’grimnir e soci i sentieri più azzardati se li sono andati a scegliere, soprattutto nell’ultimo decennio. I risultato, però, sono sempre stati ottimi per qualità ed entusiasmanti per coraggio e sfrontatezza: si pensi a raunijaR e landawarijar per rendersi conto a quale punto sonoro sono arrivati i nostri dal grezzissimo black/viking del prima citato debutto. Cosa aspettarsi, quindi, da un gruppo che ha deciso di non ripetersi e aggiornarsi a ogni pubblicazione? Esatto, un disco diverso e controverso, spiazzante in alcuni casi, eppure così ammaliante sia nei momenti più soft che in quelli estremi da non poter fare a meno di ricominciare l’ascolto una volta terminati i cinquantaquattro minuti di Rignir. Questo è un lavoro che per comprenderlo ci vogliono molti (e attenti) ascolti, perché quello che hanno deciso di proporci gli Helheim è in parte inaspettato e spiazzante. Iniziare un disco importante come lo è il decimo in carriera con un brano pulito, melodico, nello spirito più vicino agli Ulver di The Assassination Of Julius Caesar che a quanto pubblicato nel proprio recente passato e dalla durata di otto minuti, è semplicemente geniale quanto coraggioso: geniale perché il risultato è esaltante e il brano convince in tutto e per tutto, altrimenti sarebbe stato un suicidio. Si prosegue con la più classica Kaldr, canzone che unisce viking metal (nella prima parte) con voci pulite e parti ariose (nella seconda) come negli ultimi cd ci hanno fatto ascoltare. La terza traccia Hagl unisce le due anime degli Helheim soft e progressivo con qualche incursione in territori più estremi per un risultato non molto distante dagli ultimi Enslaved con un tocco di malinconia. Le chitarre si fanno sentire in Snjóva, tra riff (semplici ma ben presenti) e leggere note che creano le melodie doppiate dalle voci clean: il tutto suona molto scarno e “semplice” nell’accezione positiva del semplice. Ísuð prosegue il discorso musicale dei due precedenti dischi in un elegante alternarsi di scream e clean fino a quando, quasi a sorpresa, la chitarra rimane sola e la nota pizzicata con fare mesto rimanda alla cupezza dei My Dying Bride post 2000. L’accostamento non è casuale, in quanto anche buona parte del resto della canzone si stabilizza su sonorità doom/death prima di tornare nella parte finale della composizione al tema iniziale. Con meno di cinque minuti di durata Vindarblástr è la canzone più breve del disco, una marcia dal gustoso sapore retrò ma con l’inconfondibile suono degli Helheim, mentre la successiva Stormviðri è più cadenzata e onirica. I suoni si fanno dilatati e l’atmosfera è quasi sognante, una magia creata dai musicisti norvegesi che con tanti anni di esperienza alle spalle riescono a trasportare l’ascoltatore esattamente dove vogliono portarlo. Il pezzo cresce in maniera naturale e incorpora in un mid-tempo deciso elementi che ritroviamo in tutto Rignir: arpeggi clean su accordi distorti, melodie evocative, l’utilizzo del doppio cantato pulito e scream e, infine, la sempre più importante componente progressive. Chiude questo lavoro di grande maturità la bella Vetrarmegin, probabilmente la canzone più “metal” del cd per intensità e attitudine, pur non disdegnando suoni atipici e soluzioni, anche qui, dal vago sentore prog.
Rignir (“pioggia”) è un disco dai colori autunnali, sbiaditi e freddi. La band racconta di essere stata influenzata dal tempo di Bergen, da quel senso di cupo che pervade la città con l’arrivo del freddo e del buio. Rignir effettivamente risente – in positivo – di questa ispirazione, ma è giusto dire che anche con i primi caldi primaverili Rignir si rivela un ottimo ascolto al di là della temperatura esterna. Metal estremo e progressive nel senso più ampio e sincero del termine si mescolano in maniera naturale nelle otto tracce del full-length, e anche se diverse tra loro l’ascolto risulta essere semplice e lineare, interessante e dinamico. Gli Helheim hanno confezionato l’ennesimo disco bello rimanendo fedeli a se stessi pur allontanandosi (ancora) un po’ di più dal classico viking black metal. Solo i grandi lo sanno fare e gli Helheim lo sono.
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