Intervista: Jimmy & Scots Folk Band

L’Irlanda ti entra nel cuore e non ti lascia più. Ma a qualcuno fa un effetto ancora più forte: ti porta ad acquistare un tin whistle da 10 euro per iniziare a suonare per le strade di Dublino. Da quelle improvvisate esibizioni live ne è passato di tempo e oggi Jimmy & Scots Folk Band è una realtà che partita come tante dai classici del genere non ha paura di guardare al futuro. Conosciamoli insieme.

Ciao ragazzi, ho letto che la band è nata in seguito a un viaggio nella terra di smeraldo. Volete raccontarci come è andata?

Sì! Due di noi erano in gita con la scuola proprio a San Patrizio e la musica dirompente in tutti i pub ci stregò immediatamente. In particolare, c’era un duo che suonava a Temple Bar con una carica incredibile e passammo i giorni successivi solo a parlare di quanto avremmo desiderato essere noi, un giorno, a suonare quella musica magica in un pub con una birra in mano. Decidemmo così di tornare a Dublino da soli per due settimane intere a esplorare questo mondo ancora a noi ignoto, di cui avevamo solo scalfito la superficie e in cui non vedevamo l’ora di tuffarci.

In quel marzo del 2013 vi siete seduti su un marciapiede e avete iniziato a suonare con una chitarra in affitto e un tin whistle comprato da Carrolls: in questo modo avete fatto 10 euro, la cifra necessaria per due pinte di Guinness. Vi siete più seduti per strada a suonare? Avete qualche storia stradaiola da raccontare?

Assolutamente sì. Dopo quella “grande” vittoria tornammo in Italia più carichi che mai e andammo a suonare in piazza a Firenze dove ci lanciarono anche delle monete da una carrozza trainata da due cavalli. Quella volta il bottino fu di ben sei pinte di Guinness! Iniziammo a suonare regolarmente a Bologna e capimmo che quello che facevamo funzionava. A quel punto ci procurammo un camper scassato del ’93 e partimmo per un mese per un giro dell’Europa a suonare per strada. Non avevamo un piano predefinito e ogni giorno o due ci rimettevamo in marcia alla volta della meta successiva. Passammo da Salisburgo, Praga, Berlino, scendemmo a Erfurt, Monaco, Vienna e arrivammo a Budapest facendo un giro completamente senza senso. Non si sa come ma ci pagammo tutto il viaggio suonando. Potrei stare qua ore a raccontarti le avventure passate ma magari lo faremo attraverso qualche canzone.

Oltre ai pezzi tradizionali avete registrato un brano vostro. Nel vostro ambito questa è una cosa molto rara e vi confesso che mi piace quando un gruppo decide di uscire dalla comfort zone e osare di più. Come è nata A Stout For Breakfast e di cosa parla il testo (anche se dal titolo qualcosa si può capire)?

Il brano parla di un uomo che beve una stout al mattino per darsi la carica ma esagera un po’ e finisce per vivere mille (dis)avventure. Con la mente offuscata finisce in diverse città in cui si aggiungono a lui altri personaggi che però, puntualmente, anziché aiutarlo a tornare a casa lo invitano a bere in un Irish pub. Abbiamo usato questo espediente narrativo per ricordare la mattina alcolica con cui iniziammo il nostro secondo viaggio a Dublino, i compagni che sono entrati nella band col tempo e alcune vicissitudini realmente accadute durante il viaggio in camper. Come si suol dire “tratto da una storia vera”.

Ci saranno in futuro degli altri brani originali?

Sicuramente. Abbiamo raccolto molto materiale durante il lockdown e scritto diversi brani. Nell’ultimo anno li abbiamo lasciati da parte perché siamo stati impegnati in altri progetti come Seven Irish Nights con la nostra nuova etichetta discografica Maxy Sound, ma arriveranno col tempo dato che non vediamo l’ora di farveli sentire, soprattutto dopo il riscontro positivo avuto con A Stout for Breakfast.

Ho apprezzato i riarrangiamenti delle canzoni classiche. Senza stravolgere, avete apportato piccole modifiche che si notano ma non “straniscono” l’ascoltatore che alla fine si aspetta di ascoltare e cantare le varie All For My GrogSeven Drunken Nights.

L’arrangiamento della musica tradizionale è effettivamente delicato. Da una parte replicare la stessa versione di un altro gruppo storico come i Dubliners o i Wolfe Tones non apporta alcun valore aggiunto a quello che proponi e dall’altra, se ti discosti troppo da ciò che una determinata canzone rappresenta, che vuole esprimere a livello emotivo, con un determinato mood o determinate parole, finisci per creare qualcosa che poco ha a che fare con ciò da cui sei partito. Per questo a noi piace addentrarci nelle melodie e nei testi che sono stati tramandati per secoli, prima oralmente e poi per iscritto, per capire da dove nascono, che importanza hanno avuto e come mai sono riuscite ad arrivare a noi. Questo ci affascina ed è così che cerchiamo di arrangiare versioni che possano contribuire all’arricchimento della musica tradizionale irlandese e tramandarle ulteriormente come i bardi fecero prima di noi.

La scena musicale è ricca di gruppi in gamba e la concorrenza, se così la vogliamo chiamare, è tanta. Ci sono aspetti che pensate possano caratterizzarvi e farvi spiccare e uscire dal calderone dell’irish music?

Ci sono tantissime band valide e noi non possiamo che essere felici del fatto che un genere di nicchia come l’Irish riesca a coinvolgere un numero così elevato di persone. Il mondo della musica tradizionale irlandese è talmente vasto che pensiamo ci sia spazio per tutti: dal duo acustico strumentale arpa e flauto, alla band Irish punk con chitarra elettrica, banjo e batteria, passando per il cantautore solista, il gruppo corale a cappella o il trio combat folk con mandolino, bouzouki e violino fino alla band dubstep-edm con cornamuse elettriche. Noi però siamo nati nei pub di Dublino, abbiamo vissuto sulla pelle le strade di Galway, respirato l’aria della Wild Atlantic Way e la nostra ispirazione è lì: con la nostra musica vogliamo catapultare lo spettatore direttamente in un pub d’Irlanda, raccontare storie come solo lì abbiamo visto fare e ricreare quell’atmosfera in cui se chiudi gli occhi per un attimo pensi di essere in cima alle scogliere di Moher.

Vi sentite (e fate parte) di una scena? Ci sono gruppi – italiani in particolare – che apprezzate e dai quali prendete spunto per alcune caratteristiche?

Per anni abbiamo bazzicato per i pub emiliani dove soprattutto agli esordi abbiamo preso spunto a livello stilistico, di strumenti e pezzi da suonare da gruppi della scena locale come i Drunk Butchers. Tra i nomi più conosciuti della nostra zona non possiamo non citare i Modena City Ramblers e Cisco che sono sempre stati un punto di riferimento per noi, mentre allontanandoci dall’Emilia tanti sono i gruppi nostrani che ci hanno resi quello che siamo oggi e che ci hanno fatto sognare ai vari festival celtici come ad esempio i The Clan a Montelago 2015. Col tempo però il nostro progetto musicale ha preso una direzione ben precisa e la maggiore ispirazione arriva da gruppi irlandesi, primi tra tutti gli High Kings.

Questo è un sito che tratta folk metal: ci sono gruppi che conoscete e magari apprezzate, data la “base” simile che muove voi e i gruppi metal?

Altroché! Abbiamo passato anni a frequentare eventi come il Fosch Fest e l’Heidenfest nel lontano 2011 quando scoprimmo i Korpiklaani, i Turisas, i mitici Alestorm, oltre a eccellenze italiane come i Folkstone e i Furor Gallico. Il folk metal ha le radici nella musica tradizionale celtica e per noi, che stavamo transitando da una band hard’n’heavy al folk, il connubio tra violini, fisarmoniche, flauti e la sonorità metal è stata di grande impatto.

Oltre al trad irlandese, vi piace anche la musica che unisce folk e rock tipo Flogging Molly, Dropkick Murphys ecc?

Certamente, le derivazioni in stile Irish/Celtic rock hanno catturato in pieno lo spirito delle canzoni ribelli e delle drinking songs dando una nuova vita alla musica tradizionale irlandese, che di per sé si presta molto bene alla vena punk di gruppi come quelli che hai nominato (come già ci aveva dimostrato Shane MacGowan dei Pogues). Noi li ascoltiamo, li andiamo a vedere e a volte suoniamo anche qualche loro pezzo come Devil’s Dance Floor.

Quali saranno i prossimi passi della Jimmy & Scots Folk Band?

Quest’anno abbiamo deciso di uscire dalla comfort zone del pub e affacciarci sul mondo dei festival che in Italia è molto vivo e che noi abbiamo finora frequentato solo da spettatori e rievocatori. Ci piacerebbe portare l’atmosfera che si respira nei pub d’Irlanda sul palco di questi stupendi eventi e cominceremo il 24 giugno suonando alle semifinali dell’European Celtic Contest di Montelago e il sabato sera dell’1 luglio presentando il nostro show a Monterenzio Celtica. 

Grazie per l’intervista, avete lo spazio per concludere come meglio credete.

Grazie a te e a tutto lo staff per questa intervista e per le domande molto stimolanti. Ci vediamo presto in un pub con una birra in mano, sotto a un palco a ballare insieme o attorno a un falò a raccontarci storie dimenticate. Sláinte!

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