Idaslet – Nu Skrider Dagen Under
2023 – full-length – autoprodotto
VOTO: 8,5 – Recensore: Mr. Folk
Formazione: Magnus Berthelsen: voce – Victor H: chitarra – Anders Bo Sckerl Hansen: chitarra – David W.: basso – Rune Jegsmark: batteria – Kristian Joan Ellingsøe: fisarmonica, voce
Tracklist: 1. Efter Solnedgang (intro) – 2. Ære Oder Dodt – 3. Spirets Tone – 4. Salens Kor – 5. I Gården Sagte – 6. Afdøbt – 7. Kæmpens Ni Spørgsmal – 8. Balders Død – 9. Ragnarok

IN BREVE
Autoproduzione, ormai si sa, non è sinonimo di band alle prime armi. Gli Idaslet sono un gruppo pronto e con grandi qualità che ha prodotto un lavoro di alto livello scegliendo, però, la via dell’autoproduzione. Un peccato, perché lavori come questo meriterebbero una grande esposizione.
RECENSIONE
Nu Skrider Dagen Under è un gran bel disco. Il primo lavoro su lunga durata dei danesi Idaslet ha una cosa che molte uscite dello stesso genere – spesso di gruppi con ben altra visibilità e sostegno di etichette –, ovvero le canzoni. Il songwriting di Magnus Berthelsen e soci è maturo, personale, va dritto al sodo senza risultare sbrigativo o superficiale, senza il bisogno di allungare le canzoni con infinite ripetizioni di ritornelli o aggiungendo melodie folk laddove non se ne sente il bisogno. Per questo motivo il cd è breve – 33 minuti – e sinceramente, a fine ascolto, non si sente il bisogno di avere altre canzoni in scaletta, né che i brani fossero stati allungati di qualche minuto. L’unico bisogno che si ha, una volta terminato l’ascolto, è quello di premere nuovamente play e ricominciare da capo.
Già dall’intro Efter Solnedgang, solitamente skippabile nel 90% dei casi, si capisce che gli Idaslet sono fatti di una pasta diversa: la chitarra acustica (successivamente l’elettrica con distorsione) e la voce creano un effetto semplice ma molto bello, ottimo preludio a Ære Oder Dodt, canzone caratterizzata dai riff melodeath che portano potenza senza esagerare in cattiveria. Tutto, infatti, suona melodico e folk anche laddove di strumenti tradizionali non c’è traccia. Con il terzo pezzo il gruppo di Copenhagen spinge sull’acceleratore, tirando fuori riff tritaossa death metal che ben si bilancia con il ritornello dal sapore melodico. Il sound oscuro di Salens Kor porta qualcosa di nuovo in casa Idaslet, mentre per I Gården Sagte i tempi si fanno lenti, con buone soluzioni chitarristiche e le parti di fisarmonica che ricoprono un ruolo centrale nell’importanza della canzone. Afdøbt è il classico brano folk metal, inizialmente dall’umore allegro, ma che con il passare dei minuti cambia pelle con cori, melodie, riff di stampo heavy classico e le altre cose tipiche del genere. Fino a questo momento non c’è stata una canzone simile a un’altra, ognuna ha una propria personalità e questo è una grande caratteristica che gli Idaslet possono rivendicare con orgoglio. Si continua l’ascolto con Kæmpens Ni Spørgsmal, figlia bastarda nata dall’incontro tra Fejd e i primi Svartsot: un piacere da ascoltare! Totalmente diversa è invece Balders Død, con l’inizio affidato a pianoforte e voce della talentuosa Sofia Schmidt degli Ethereal Kingdoms. C’è spazio per chitarre e fisarmonica, ma anche per un coro di venti persone; si può dire che Balders Død sia la canzone più ambiziosa del disco e il risultato è eccellente. Ragnarok – non potrebbe essere altrimenti! – è la traccia conclusiva del cd, acustica e scandita con drammaticità, che cresce di tensione fino alla quiete finale.
Non è un concept, ogni canzone ha storia a sé, ma nell’insieme Nu Skrider Dagen Under parla della transizione del mondo vichingo da pagano a cristiano, e si capisce quindi la scelta e l’importanza dell’artwork utilizzato dalla band. I dipinti sono del pittore danese L.A. Ring, il quale utilizzava simboli legati alla spiritualità vichinga (lapidi con rune incise, corvi ecc.) e cristiana (la chiesa, il cimitero ecc.) nello stesso dipinto.
Alla fine si può fare solo una critica a Nu Skrider Dagen Under e biasimare gli Idaslet per una scelta, ovvero la decisione di pubblicare questo piccolo gioiellino di folk metal come autoprodotto. In un mondo dove ogni settimana escono diversi titoli, la maggior parte delle volte non particolarmente interessanti, un lavoro come quello degli Idaslet meriterebbe quanta più diffusione possibile, per arrivare a un vasto pubblico e vedere riconosciuto il duro lavoro e la qualità della musica perché, è doveroso ricordarlo, l’unica cosa che realmente conta è la musica, e quella di questi musicisti danesi è dannatamente valida.

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