Attivi dal dicembre 2010, hanno da poco pubblicato il loro primo lavoro, Tzimbar Bint, un dischetto che farà sicuramente circolare il nome Kanseil anche al di fuori del patri confini. Ho posto alcune domande ai giovani musicisti, i quali hanno risposto con grande maturità.
Siete una band giovanissima che sta cercando di farsi spazio nell’affollato underground italiano. Presentatevi ai lettori di Mister Folk.
Siamo i Kanseil, una band di Fregona, amante della natura e le nostre montagne. Siamo legati in particolare al Cansiglio, di cui raccontiamo le storie e la bellezza. Abbiamo recentemente pubblicato il nostro primo demo, Tzimbar Bint, una presentazione dei nostri primi lavori, nei quali cerchiamo di portare la nostra passione e il nostro stile. Trovato l’equilibrio dopo vari cambi di formazione, ci siamo fiondati in questa avventura, componendo pezzi nostri e portandoli sul palco da alcuni mesi a questa parte. Siamo proiettati verso il futuro, e cerchiamo di sperimentare!
Quale la ragione che vi ha portato a scegliere il nome Kanseil?
È stata una scelta che ci è venuta molto spontanea, “Kanseil” è quello che probabilmente doveva essere il nome dato all’altipiano del Cansiglio in epoca arcaica, testimoniato dal veneto moderno “Cansei” e veneto medievale “Canseja”, termine che porta significati di aridità e selvatichezza, un’ostilità all’uomo che conserva tutt’ora, realtà a noi cara. Affascinati dalla bellezza e la storia di questa magica foresta alle porte di casa nostra, abbiamo voluto farci carico di questa atmosfera, con un nome misterioso, che richiama suoni d’altri tempi, legato alla nostra terra.
In questo momento stanno nascendo e pubblicando i primi lavori una gran quantità di gruppi italiani: come e in cosa pensate di distinguervi da tutti gli altri?
Vorremmo portare la nostra idea ed esperienza maturata nella musica, ricercando un sound grezzo e autentico, senza ricorrere alle tastiere o suoni elettronici. Proponiamo uno stile di composizione nostro, che si rifà ad elementi tradizionali un po’ di tutta Europa, col quale ancora pochi in Italia sperimentano. Cerchiamo di evadere dal classico “irish style” dai temi goliardici, nel quale un po’ come in una danza sfrenata, si rischia di cadere in banalità.
Tzimbar Bint è il primo lavoro, come siete arrivati a scegliere le canzoni presenti nell’EP?
Le abbiamo scelte perché tra tutte le idee e con i mezzi che avevamo, erano quelle che ci venivano meglio. Sono lavori giovani, nei quali abbiamo messo tutta la voglia di metterci in gioco che avevamo. Trattano tutte di temi legate alla nostra terra, un’associazione di pezzi che si chiudono in un anello completo, un primo lavoro di presentazione del quale siamo soddisfatti.
La prima e l’ultima canzone sono in lingua italiana, mentre le restanti no. Come mai questa scelta, e come pensate di muovervi in futuro?
Agli inizi avevamo scelto l’inglese come lingua di composizione, un po’ perché ci veniva più facile dato che “fa moda” nel genere, ma abbiamo raccolto la sfida della canzone in italiano in quanto più espressiva, spesso non è facile cantare ciò che si pensa nella propria lingua. Siamo proiettati nell’usare solo italiano, veneto e cimbro nei prossimi pezzi.
Siete un gruppo che da importanza ai testi, che ritengo essere belli e toccanti. Vi va di approfondire il discorso legato alle liriche?
Dai nostri testi traspare un amore per la natura, e per la storia e il folklore locale. Nei nuovi pezzi che arriveranno queste tematiche saranno ancor più sentite, in particolare ci sono cari temi quali l’ecologia, e la conservazione legata anche agli aspetti storico culturali del territorio. Le nostre canzoni non seguono nessuna indottrinazione politica, e non comunicano odio per nessuno.
Il vostro sound è ricco di sfumature e sonorità diverse tra loro mescolate con abilità e personalità. Quali sono stati i punti di partenza ad inizio carriera, e verso quale direzione vi state muovendo?
Il sound di Tzimbar Bint per gli strumenti acustici è molto grezzo e spartano, ciò è anche dovuto al fatto che è stata la nostra prima esperienza in studio di registrazione, e con un budget limitato. Nelle prossime registrazioni si punterà ad un sound più pulito e professionale per gli strumenti folk, abbiamo composto per sfruttare al meglio le potenzialità dei vari strumenti per rendere un risultato ancor più soddisfacente.
Ho visto che avete fatto alcune cose acustiche in qualche occasione: dobbiamo aspettarci, prima o poi, una sorta di Zobena Dziesma (lavoro dei lettoni Skyforger, nda) versione nord-est italiana?
È possibile. È tra i nostri obbiettivi, una sfida che abbiamo raccolto e che ci appassiona molto. L’acustico è un sound molto più ricercato e minuzioso rispetto a una composizione in elettrico, è tra i nostri programmi, ma non prima di una o due release in elettrico.
Cosa mi raccontate dei vostri strumenti folk? Se non sbaglio alcuni di essi sono realizzati da voi…
Tra gli strumenti folk c’è la curiosità di una baga veneta, datata 1981. È stata una delle prime realizzate dal maestro Massimo Fumagalli che ha fatto un lavoro di ricerca per ricomporre la tradizione delle pive in Veneto, è per noi un forte legame affettivo, lo consideriamo un po’ un cimelio, ed è una grande emozione far rivivere questo strumento semidimenticato nella musica moderna. Alcuni strumenti sono fatti da noi, è un hobby che ci appassiona, abbiamo fatto alcuni flauti, e delle lire che si potranno ascoltare nei prossimi pezzi.
State pensando alla prossima release? Qualche etichetta si è interessata a voi?
Stiamo preparando molti pezzi che andranno a formare un full-lenght, alcuni gli proponiamo già al pubblico nei nostri live, altri sono ancora inediti, assieme ai pezzi del demo revisionati. Siamo un po’ in ritardo rispetto a quelle che erano le nostre previsioni, ma puntiamo ad un lavoro ben fatto, ci prendiamo il tempo necessario. Siamo stati recentemente contattati dalla Nemeton Records che ci ha offerto una collaborazione che consideriamo molto valida.
Quale il tour da sogno al quale partecipare?
Ci piacerebbe affiancare una grande band internazionale nelle sue date italiane, o fare un tour assieme a una band amica in Italia o all’estero e far conoscere il folk metal nostrano. Sarebbero entrambe belle avventure!
Siamo al termine della chiacchierata, salutate i lettori con una frase nel vostro dialetto!
Prima di ogni concerto tra di noi citiamo l’inizio di una nostra nuova canzone: “Bolkènt im lant bomme tzimbarn” che vuol dire “Benvenuto nella terra dei cimbri” è il saluto che si da ai visitatori, con il quale ci auguriamo che i prossimi lavori piacciano a chi ci segue e a chi ci scoprirà in futuro. O più semplicemente un amichevole “se veđòn!” (ci vediamo) sotto il palco!
Fotografie di Ettore Avalerno Garbellotto.
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