Månegarm – Månegarm

Månegarm Månegarm

2015 – Napalm Records – full-length

VOTO: 6,5 – Recensore: Mister Folk

Formazione: Erik Grawsiö: voce, basso – Jonas Almquist: chitarra – Markus Andé: chitarra – Jacob Hallegren: batteria

Tracklist: 1. Blodörn – 2. Tagen Av Daga – 3. Odin Owns Ye All – 4. Blot – 5. Vigverk – Del II – 6. Call Of The Runes – 7. Kraft – 8. Bärsärkarna Från Svitjod – 9. Nattramn – 10. Allfader – 11. Månljus (bonus track) – 12. Mother Earth Father Thunder (Bathory cover, bonus track)

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Cosa ci si può aspettare da una band in attività da venti anni e all’ottavo disco, quando il meglio, purtroppo, sembra averlo già dato in passato? Sicuramente un discreto lavoro in grado di dare soddisfazione al fan, non facendogli rimpiangere i soldi spesi per l’acquisto: di questi tempi non è poco. Un discorso del genere più sembrare crudo e ingiusto per una formazione che ha saputo pubblicare grandi LP come Vredens Tid e Nattväsen, e che non ha mai toppato un’uscita che sia una. Però, dai Månegarm, ci si aspetta sempre quel guizzo, quel colpo di genio che altre formazioni di serie B (come notorietà, non per qualità), vedi Helheim e Thyrfing per fare dei nomi a caso, hanno di serie, mentre al combo svedese sembra mancare da un paio di uscite. Forse un semplice momento d’ispirazione non eccelsa, o più probabilmente il famoso cambio di line-up avvenuto ormai anni or sono, fatto sta che anche il nuovo Månegarm fa parte di quei dischi che sono piacevoli da ascoltare, ben suonati e prodotti, in grado anche di fomentare in più punti l’ascoltatore, ma incapace di lasciare il segno nel lungo andare. Parte della “colpa” è probabilmente degli album del passato, sempre sopra la media delle altre release, il paragone, per quanto ingiusto, non può non essere fatto, e ci vuole poco tempo per capire che i Månegarm di dieci anni fa era di un livello superiore rispetto agli attuali, per quanto bravi.

Un inizio di cd da oltre otto minuti non è cosa da tutti i giorni: introdotto da arpeggi, violini e scacciapensieri, Blodörn è un brano nel classico stile della band, accattivante e con un fondo di melodia che è impossibile allontanare. In questo mid-tempo l’aspetto folk è di primaria importanza e le melodie vocali sono ben studiate; l’unica pecca è forse rappresentata dal minutaggio leggermente eccessivo. Tagen Av Daga (con ospite l’ex Skyforger Kaspars Bārbals alla cornamusa e al cockle) e Odin Owns Ye All (non una cover degli Einherjer) sono le canzoni migliori del lotto: ritmiche sempre vincenti, melodie accattivanti e musicisti ispirati rendono le due tracce semplicemente micidiali. La scaletta (e l’ascolto) subisce una brusca frenata con una scelta assai bizzarra, ovvero l’inserimento di due canzoni acustiche una dietro l’altra, Blot e Vigverk. Malinconica la prima e più medievaleggiante/nordica la seconda, sicuramente entrambe suggestive, hanno la sola colpa di trovarsi in una posizione sbagliata all’interno della tracklist. Il ritornello ruffiano è il punto di forza di Call Of The Runes, altra canzone nella quale i Månegarm propongono la solita, buona, formula che ormai tutti noi conosciamo. Da questo momento, però, il disco si blocca tra brani appena sufficienti (Kraft e Nattramn) e acustici (Bärsärkarna Från Svitjod e Allfader), sicuramente non il miglior modo di concludere un cd per una band con il blasone meritatamente conquistato a suon di dischi belli. Le bonus track sono invece molto interessanti: Månljus è un black metal melodico con sfuriate veramente meritevoli, mentre Mother Earth Father Thunder è una cover dei Bathory (originariamente registrata per il disco Nordland I) che vede impegnati come ospiti niente meno che Jenny Tebler, la sorella di Quorthon, Alan Nemtheanga dei Primordial e Mats e Ragnar degli Ereb Altor.

L’ottavo disco dei Månegarm è, alla fine dei conti, un’altalena di emozioni e sentimenti contrastanti. Pura energia e delusione vanno di pari passo, alternandosi. La band di Norrtälje ha svolto un lavoro preciso e pulito, purtroppo privo di continuità e spunti realmente esaltanti. Paragoni col passato sono ingiusti per una serie di fattori di non poco conto, in primis una line-up diversa, e forse con questo punto di vista si sposa la decisione del gruppo di intitolare il disco con il proprio nome, come a indicare la volontà di iniziare una nuova vita. Forse il punto più basso della discografia dei lupi svedesi? Sembra proprio di sì: Månegarm non è certo un cd brutto, ma da Almquist e soci ci si aspetta di più e hanno sempre dimostrato di saperlo tirare fuori dagli strumenti. Auguriamoci (e auguriamogli) che questo momento non particolarmente brillante passi presto e che tornino sul mercato quanto prima purché ci siano delle valide canzoni a giustificarlo.

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