True Norwegian Black Metal

True Norwegian Black Metal: We turn in the night consumed by fire

Titolo: True Norwegian Black Metal: We turn in the night consumed by fire
Introduzione: Jon “Metalion” Kristiansen
Redazione: Johan Kugelberg
Fotografia: Peter Beste
Anno: 2008
Pagine: 182, illustrate
Editore: Vice Books

Articolo a cura di Persephone.

“In the last two decades, a bizarre and violent musical subculture called Black Metal has emerged in Norway. Its roots stem from a heady blend of horror movies, heavy metal music, Satanism, Paganism, and adolescent angst. In the early-mid 1990’s, members of this extremist underground committed murder, burned down medieval wooden churches, and desecrated graveyards. What started as juvenile frenzy came to symbolize the start of a war against Christianity, a return to the worship of the ancient Norse gods, and the complete rejection of mainstream society.”
“American documentary photographer Peter Beste has spent the last eight years working in this insulated and secretive community. Beste’s access and insight has been absolutely without precedent, resulting in an amazing photographic journey.”
“Nelle ultime due decadi è emersa in Norvegia una bizzarra e violenta sottocultura musicale chiamata Black Metal. Le sue radici derivano da un’inebriante miscela di film horror, musica heavy metal, satanismo, paganesimo e disagio giovanile. All’inizio/metà degli anni ’90 i membri di questa sottocultura estremista si macchiarono di omicidi, bruciarono chiese medievali in legno e profanarono cimiteri. Ciò che era incominciato come una sorta di frenesia giovanile venne invece a simboleggiare l’inizio di una guerra contro il cristianesimo, il ritorno al culto delle antiche divinità nordiche e il totale rifiuto nei confronti della società.”
“Il fotografo documentarista americano Peter Beste ha trascorso gli ultimi otto anni a lavorare con questa comunità isolata e segreta. L’ingresso e la penetrazione di Beste al suo interno costituiscono un evento senza precedenti, il cui risultato è uno stupefacente viaggio fotografico.”

Questa la dichiarazione d’intenti con cui la quarta di copertina della terza edizione (2009) di True Norwegian Black Metal descrive il contenuto di un imponente volume fotografico che, ancora inedito in Italia, rappresenta ormai un vero e proprio cult per la maggior parte di quelli che, tra gli appassionati del genere, hanno avuto l’occasione di sfogliarne le singolari pagine. Provocatori ed ironici, abrasivi e surreali, gli scatti di Peter Beste cristallizzano i dettagli di una storia che probabilmente sfugge nella sua interezza persino a coloro i quali continuano a proclamarsene irriducibili sostenitori. Attitudine? Caos? Mera teatralità scenica? Quale definizione per un genere musicale che si configura innanzitutto come il prodotto di un ben più complesso sottobosco culturale germinato all’insegna della più estrema tra le tenebre? Lungi da qualunque tipo di risposta risolutiva, un affascinato Peter Beste decide di approfondire la questione: nasce il progetto alla base dell’opera. Una lunga serie di viaggi in Norvegia, l’inquietudine e la suggestione nei confronti di una controversa realtà di nicchia, la conoscenza con i protagonisti della scena e la volontà di documentarne l’oscura fiamma, la ricerca, infine, di una propria personale interpretazione: tutto questo è True Norwegian Black Metal, un avvincente percorso tra concretezza e leggenda metropolitana, tra stupore e paura del buio. L’approccio di Beste, infatti, tutt’altro che fanatico, rivela il pregio di un occhio che, il più possibile profano, non disdegna di cimentarsi anche in aspetti meno prevedibili: l’intento non è tanto quello di impressionare, nell’accezione negativa del termine, quanto piuttosto quello di sorprendere. Ecco, dunque, emergere volti e contesti intrisi di malinconia, tenerezza e comicità, come dire, l’imbarazzante seduzione dell’inaspettato. Questo, naturalmente, non significa che un libro di tal fatta possa essere visionato da chiunque: prova ne fu la reazione della mia coinquilina che, nel lontano settembre del 2009, aprendo il volume a caso, si ritrovò dinanzi l’immagine di una modella nuda e insanguinata che, immortalata durante la preparazione per la celebre performance dei Gorgoroth a Cracovia 2004, attendeva tranquillamente di entrare in scena. Significativo, quindi, il fatto che da lì a breve avrei cambiato casa.

Un interessante approfondimento nella comprensione del lavoro svolto da Peter Beste si rivela, senz’altro, un breve documentario in cinque parti che, realizzato nel 2007 a cura di VBS TV, si rintraccia agevolmente in rete in una buona versione sottotitolata. Protagonisti, in particolare, i vecchi Gorgoroth di Gaahl, Infernus e King ov Hell. Beste, in compagnia dei più “coraggiosi” tra i corrispondenti di VBS TV, si reca ad Espedal, città natale di Gaahl, spinto dal desiderio di conoscere colui il quale era stato definito dalla rivista Terrorizer come “l’uomo più malvagio al mondo”. I tempi erano quelli in cui il nostro ex-Gorgoroth era appena stato rilasciato di prigione a seguito della condanna scontata a causa delle reiterate accuse di violenza e tortura. Diversi frammenti dell’esperienza vissuta con Gaahl sono, poi, confluiti quale parte integrante in True Norwegian Black Metal. Da segnalare, soprattutto, la scalata in condizioni meteorologiche disumane sino alla casa dei nonni di Gaahl e la suggestiva colonna sonora. Impossibile non essere percorsi da un brivido di arcano spiritualismo ascoltando le ipnotiche atmosfere intessute dalle note dei norvegesi Wardruna (band folk/ambient con all’attivo tre magnifici full-length). Le voci si sovrappongono all’insegna di una ritualità impenetrabile ed ancestrale – tra gli officianti anche lo stesso Gaahl – e le riprese di una natura fascinosa ed inaccessibile fanno il resto.

Fin qui la genesi di True Norwegian Black Metal, ma veniamo ora al volume. In copertina un poco raccomandabile Nattefrost (Carpathian Forest) mostra fieramente al mondo una non proprio sobria croce rovesciata di considerevoli dimensioni. L’attitudine anticristiana era, è e rimane uno degli elementi cardine dell’intero movimento. Segue la pseudovirgiliana citazione del magico palindromo della pietra filosofale:

In girum imus nocte et consumimur igni.
“Andiamo in giro di notte e siamo consumati dal fuoco.”

Queste le parole che, in bei caratteri gotici su fondo nero, aprono l’avvincente galleria d’immagini firmate Peter Beste. E a colpire, alle volte, sono proprio i particolari più improbabili: la ruvida consistenza delle pareti di una grotta illuminata a giorno da un possente Frost (Satyricon) sputafuoco; il filo spinato tatuato sul braccio di un Nattefrost semisvenuto nella vasca del suo bagno di casa; l’espressione interdetta di una signora di mezza età che incrocia per caso un minaccioso Kvitrafn (Gorgoroth, in seguito conosciuto con il suo nome Einar Selvik nei Wardruna) a guardia della strada; l’armonioso passo di Abbath (Immortal) che si perde a rimirare il verde respiro della natura; la sobria semplicità della cameretta di Fenriz ad Oslo, lì dove i Darkthrone ebbero inizio; la desolante inquietudine della casa natale di Gaahl, inno alla solitudine e all’isolazionismo più estremo; la beffarda insolenza del poderoso Vrangsinn (Carpathian Forest) che ci sorride chiuso nella sua corazza di pesanti catene e chili di troppo; il muto orrore delle teste degli animali morti, sangue e bocche spalancate che altro non possono se non attendere l’inizio del concerto; le ambigue tracce di face-painting nel lavandino di Nattefrost, rossi fluidi pronti ad essere scambiati con la scena del più efferato tra i delitti; l’incantevole malinconia di una terra intrisa di sogno, panorami di ghiaccio, vento e potenze incontaminate; l’ingenua tenerezza della figlia di Samoth (Emperor), confetto rosa in campo dorato intento a correre incontro alle braccia del padre. Non mancano, poi, scatti al limite dell’umoristico: penso a Woe J. Reaper (Furze) e alla sua falce, alle corna di King ov Hell o all’innata comicità che da sempre è nota caratteristica degli atteggiamenti assunti da Abbath. Ma questo non è che un assaggio: dai Koldbrann ai 1349, dai Taake ai Kampfar, dai Sigfader ai Dimmu Borgir, dai Windir ai Mayhem, dagli Urgehal ai Ragnarok, dagli Shining agli Aura Noir, da Ildjarn agli Enslaved, dai Thorns ai Perished, la lista dei ritratti è davvero infinita, per non parlare di alcune piacevoli raffinatezze quali la porta d’ingresso di casa Euronymous, diverse immagini dall’Helm Street Pub ad Oslo e un po’ di scatti sparsi dall’Inferno Festival.

E poi ancora gli spunti di riflessione: H.P. Lovecraft, Frost, E.M. Cioran, Fenriz, G. Debord, Gaahl, A. Camus, Abbath, un costante flusso di nera (in)coscienza pronto a scuotere ancora una volta il torpore dei sensi addormentati. Interessante anche la lettura dell’introduzione all’opera a cura di Metalion, fondatore della celebre rivista norvegese Slayer Magazine, alla quale segue una meticolosa “timeline” relativa ai fatti salienti del true norwegian black metal, tra i quali – piccola curiosità – sono nominati come eventi determinanti persino la formazione dei Death SS a Pesaro nel 1977 e l’uscita, sempre nello stesso anno, del film Suspiria per la regia di Dario Argento e la colonna sonora dei capitolini Goblin.

Ultima chicca sono, infine, le venticinque pagine che chiudono il volume: si tratta di foto e documenti d’epoca pubblicati su concessione di Metalion, Slayer Magazine, Bergen’s Tidende Archive e Kerrang Magazine. Tra questi non si possono non menzionare: un’immagine di Euronymous in compagnia di Varg Vikernes, alcuni disegni di Dead in una lettera a Metalion, il primitivo art-work visibile sui volantini delle prime serate dei Mayhem, la lettera scritta da Euronymous in occasione della morte di Dead, le storiche interviste di Slayer Magazine a Mayhem, Immortal, Emperor e Varg Vikernes, la foto d’epoca di un uomo tra le rovine della chiesa medievale di Fantoft e tutta una succulenta serie di scatti d’archivio di vario genere.

Chiudo con due citazioni.

Una di Fenriz che ricordo, in particolare, in una foto alla stazione di Oslo, anima tra le anime, come tutti sempre in attesa di un qualche dannato treno:

It’s important to point out that black metal is not like punk was, a group rebelling. It is every man for himself. It isn’t like “all for one, one for all” It is individualism above all and “unfortunately” a childish self-centeredness. (tr.: È importante sottolineare che il black metal non è quello che un tempo fu il punk, ossia un gruppo di ribelli. È piuttosto ogni uomo per se stesso. Non “tutti per uno, uno per tutti”. Il black è soprattutto individualismo e “sfortunatamente” egocentrismo infantile.)

Un’altra di Gaahl, la cui immagine, Thurisas alla mano, mi prorompe alla mente in tutta la sua stravolgente caparbietà:

The idea is to be whispering, and not to gain the attention from the flock, but to get attention from the individuals. That’s why I relate it to whispering. It’s nothing that you can put on a big scale; you can’t get sheep to attend to it. You need to have people that can stand for themselves. It is important to have a lot of space for yourself to be able to grow strong branches, which can stand in the most extreme surroundings. It reflects back to the old Norse song and the idea of having one’s own area where you are King. Personally I need nature surrounding me – mountains, trees and rivers – in order to relax, to learn and to teach. All this is very important for my inner self. I think that Christianity has made people afraid of solitude; afraid of the idea of being alone. (tr.: L’idea è quella del sussurrare, e non per ottenere l’attenzione del gregge, bensì quella dei singoli individui. Ecco perché parlo di sussurro. Non si tratta di nulla che si possa trasferire su larga scala, le pecore non sono adatte a questo discorso. È necessario disporre di persone che possano stare in piedi da sole. È importante avere anche una buona quantità di spazio per se stessi in maniera da essere in grado di crescere con dei rami forti, capaci di rimanere in piedi pure nei contesti più estremi. Ciò riflette la filosofia delle antiche canzoni norrene, l’idea di possedere un proprio spazio in cui essere il Re. Personalmente, io ho bisogno di essere circondato dalla natura – montagne, alberi e fiumi – sia per rilassarmi, sia per imparare ed insegnare. Tutto questo è molto importante per il mio io interiore. Penso che il cristianesimo abbia reso le persone spaventate dalla solitudine, spaventate dall’idea di essere soli.)

Ipse dixit. Ripongo la mia copia di True Norwegian Black Metal ordinata illo tempore dall’Inghilterra e metto su ancora una volta i Wardruna. Ai lettori la truculenta sentenza.

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– tutte le foto sono tratte dal libro “True Norwegian Black Metal: We turn in the night consumed by fire” e i diritti appartengono a Peter Beste –
NB – articolo rivisto e aggiornato rispetto alla versione originariamente pubblicata per il sito Metallized.

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