King – Coldest Of Cold

King – Coldest Of Cold

2019 – full-length – Indie Recordings

VOTO: 8 – Recensore: Mr. Folk

Formazione: Tony Forde: voce – David Hill: chitarra – David Haley: batteria

Tracklist: 1. Conquer
 – 2. Mountains Call
 – 3. Coldest Of Cold
 – 4. One More War
 – 5. King
 – 6. In The Light Of The New Sun – 7. Beyond The Exosphere
 – 8. Star
 – 9. Ways Of The Forest
 – 10. My Master My Sword My Fire

Su Mister Folk non si tratta il black metal nelle recensioni, anche se è un genere “amico” e spessissimo le sue contaminazioni sono parte integrante dei dischi che vengono recensiti. Per non parlare poi del viking metal di matrice estrema che prende il via con gli Enslaved circa venti anni fa, o della scena sempre più corposa e agguerrita del pagan black metal. Su queste pagine non si tratta il black metal, ma non vuol dire che io non sia un ascoltatore e mi tenga aggiornato sulle nuove uscite. Ed è ascoltando questo Coldest Of Cold degli australiani King che ho deciso di fare uno strappo alla regola, e cioè di recensire un lavoro che è 100% black metal: troppo bello per non parlarne! La band originaria di Melbourne arriva con questo cd alla seconda pubblicazione (il debutto Reclaim The Darkness risale al 2016) e lo fa con il sostegno della norvegese Indie Recordings (Kampfar, Einherjer e Wolfcesmen).

Coldest Of Cold è composto da dieci canzoni per una durata complessiva di quarantaquattro minuti. Il black metal proposto da Tony Forde e soci è molto melodico, ma non disprezza affatto riff di chitarra taglienti, tappeti di doppia cassa e blast beat. Sì melodici, ma i King sono in grado anche di picchiare duro. Proprio qui sta la bellezza di un disco che, lo si può dire tranquillamente, non ha nulla di innovativo o “stravagante”. Coldest Of Cold è semplicemente un disco di black metal melodico che funziona alla grande, senza cali qualitativi o brani riempitivi, e che convince dal primo all’ultimo secondo. Non è facile trovare un disco che potrebbe apparire come “anonimo” o “già sentito”, e che invece fomenta nelle accelerazioni, stupisce quando i giri di chitarra si fanno più intricati e le melodie avvolgono l’ascoltatore cullandolo nella violenza che solo il black metal sa trasmettere. A tutto questo va aggiunta una produzione perfetta per questo genere di musica, pulita e potente, ma anche reale nei suoni.

Come da tradizione l’apertura è affidata a una canzone veloce, ma Conquer va oltre grazie alle ruggenti ritmiche che s’intrecciano con un il guitar work che nella ferocia riesce comunque a ad avere quel qualcosa di melodico che rende il tutto seducente: come guardare una condanna a morte ed esserne affascinati. La title-track si regge sulle linee vocali e sui cori che la fanno spiccare fin dal primo ascolto, mentre One More War, nonostante il titolo bellicoso, mostra aperture e armonie di gran gusto. Non si parla (per stile e dell’eccellenza raggiunta dai Dissection e sfiorata dagli Unanimated, ma i King sanno il fatto loro e lo mostrano in una composizione come quella che porta il nome del gruppo: la sei corde di David Hill ammalia con arpeggi rock e il generale il pezzo mostra la varietà stilistica (e una cultura/capacità tecnica) che gli australiani hanno dalla loro. In The Light Of The New Sun è un bel mid-tempo che suona più norvegese dei norvegesi, Star è una summa del sound dei King con sezioni veloci e altre più cadenzate, e la conclusiva My Master My Sword My Fire è la classica canzone a fine album che fa esclamare “sì, è un gran bell’album!”. L’anima selvaggia del combo australiano ha campo libero e quando la velocità diminuisce a favore del feeling ricordano i Keep Of Kalessin più ispirati e questo è un discorso che vale per l’intero lavoro.

Dall’Australia arriva quindi un disco, Coldest Of Cold, che suona “alla norvegese”, con un feeling gelido (anche grazie all’ottima produzione) pur non esasperando l’aspetto violento della proposta. Sicuramente quello dei King è un black metal che ha nulla di nuovo, ma quando un disco suona così bene c’è veramente bisogno di novità?

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