Intervista: Gotland

Nove lunghi anni d’attesa, il ritorno in studio con un concept ambizioso e un disco che non delude le attese: i Gotland hanno nuovamente fatto centro dopo il brillante debutto Gloria Et Morte del 2014. Rise si candida per la categoria “disco dell’anno” e merita un approfondimento con domande mirate alle quali la band piemontese ha risposto con grande voglia di raccontare e raccontarsi. Una lettura, questa dell’intervista, che consiglio al pari dell’ascolto di Rise, lavoro che potrebbe consacrare i Gotland tra i nomi che contano.

Ciao ragazzi! È un grande piacere ritrovarvi in grande forma e potervi ospitare nuovamente sulle pagine di Mister Folk! La domanda è obbligatoria e sicuramente non è la prima volta che vi viene posta: perché ci sono voluti nove anni per pubblicare il successore di Gloria Et Morte?

Ciao caro Fabrizio e un caloroso saluto anche a tutti i seguaci di Mister Folk. Per noi è sempre un piacere e un onore e ci teniamo a ringraziarti per lo spazio e il tempo che ci concedi. Possiamo dire che ci mancava tantissimo ritrovare vecchi amici e tutto il movimento creato da Mister Folk, che in un certo senso ha visto nascere il progetto Gotland. Le vicende di queste nove anni sono tante, come puoi immaginare, ma proveremo a riassumerle. Dopo l’uscita del primo full-length Gloria et Morte del 2014 avvengono diversi cambiamenti all’interno dei Gotland: in primis il cambio alla voce alla seconda metà del 2015, con l’ingresso all’interno della band di Irmin. Contemporaneamente all’attività live di quel periodo, iniziamo a concepire diverse idee per un nuovo progetto e di conseguenza una nuova era per la band. Con il single del 2016 Traitor or Savior, nasce l’idea di sviluppare seriamente un concept dedicato alla figura di Arminio. Essendo la prima volta in cui decidiamo di affrontare la composizione di un concept album, le sfide sono molte e il songwrting diventa una sfida con noi stessi, tra idee interessanti e brani letteralmente cestinati. Nel 2017 avviene un altro importante cambio di line-up, che vede l’entrata nella band del chitarrista Insanus, che porta una ventata d’aria fresca anche per la composizione, che da qui in poi diventa più veloce e con idee sempre più concrete. La scrittura di tutto il concept termina nel 2018 e, dopo qualche mese dedicato a limare gli arrangiamenti, nel 2019 entriamo nei VIP Studio di Torino per la registrazione. Purtroppo a metà della produzione ci ritroviamo a dover fare i conti con l’impensabile, perché scoppia la pandemia mondiale del Covid-19: come tutti, subiamo il lungo stop imposto dai lockdown e ci vediamo costretti ad accantonare la produzione di Rise. Con il 2021 alle porte, ripartono i lavori di produzione dell’album: tra mixaggi dei brani via Skype e telefonate notturne con gli ospiti per le rispettive registrazioni delle parti, l’album è completamente concluso nel 2022, ma l’etichetta Earth and Sky Productions ha ancora qualche problematica post-pandemia per la stampa, che viene rinviata al 2023. Nei vari stop e rinvii non nascondiamo che ci siano stati momenti di sconforto, ma abbiamo cercato di trasformarli in occasioni per rifinire l’album in tutti i dettagli e oggi siamo estremamente orgogliosi del risultato finale ottenuto.

Nel 2016 avete pubblicato il singolo digitale Traitor or Savior che ora troviamo anche su Rise. Viene da pensare che sette anni fa eravate già avanti con i lavori, o non è così?

In realtà possiamo addirittura far risalire l’idea del concept di Rise ad un brano scritto dalla band nel 2009, Silva Horrida, presente sul nostro EP Behind the Horizon, dove raccontavamo in modo più diretto e semplice la caduta delle Legioni Romane nella foresta di Teutoburgo. Nel 2016, in realtà, proponiamo il singolo Traitor or Savior avendo già l’idea di concentrarci su Arminio come personaggio, ma pensando ad un EP da 4 o 5 tracce, che effettivamente erano quasi pronte in quel momento. Ma andando avanti nella composizione e scavando nella biografia del personaggio, ci rendiamo conto che sarebbe stato troppo riduttivo un EP, prendendo così la decisione di dedicarci qualcosa di più ampio e approfondito, sia a livello di lyrics che di songwriting.

Per la grafica di Traitor Or Savior avete utilizzato una parte di quella che è diventata la copertina di Rise, quindi avevate già tutto pronto all’epoca e sembra ancora più frustrante il lungo tempo di attesa.

Sì, ti confermiamo che nel 2016 la grafica della copertina di Rise era pronta e, come hai giustamente notato, sfruttammo una piccola parte di essa per presentare Traitor or Savior, che già all’epoca era stato scelto come uno dei brani più rappresentativi dell’intero album. Da un lato sicuramente l’attesa è stata veramente frustrante, dall’altro ciò è anche dovuto al fatto che abbiamo cercato di muoverci parallelamente su più fronti. Essendo un concept tutto è collegato: mentre scrivevamo i testi, si procedeva con la composizione e allo stesso tempo si davano idee al grafico per la copertina, si pensava ai possibili ruoli per gli ospiti e così via. Avendo portato tutto in contemporanea e non in maniera lineare come abbiamo fatto in passato (prima la musica, poi i testi, poi le grafiche, ecc…) è stato normale che la copertina, la cui produzione è proceduta con molti meno intoppi, si sia conclusa già molto presto. 

Rise è album molto ambizioso ed è facile immaginare che vi abbia portato via tanto impegno. Mi piacerebbe sapere come avete lavorato per la sua realizzazione, se avevate già tutto in mente in maniera precisa o se qualcosa è stato aggiunto in corsa e se siete partiti dalla musica o dai testi per poi proseguire.

La fase di composizione dei Gotland solitamente nasce dalla parte strumentale e in seguito adattiamo i testi. Ma nel caso di Rise, il discorso è stato un po’ diverso: avendo deciso una sceneggiatura vera è propria per il concept, divisa in atti, la parte complicata è stata scrivere il brano giusto per i “paragrafi” della storia che stavamo raccontando. All’interno di Riseraccontiamo le emozioni di un uomo, Arminio, che passa dall’essere uno straniero che marcia sotto i vessilli Romani nella sua madre patria, a fare i conti con i fantasmi del passato che reclamano vendetta per le sue tribù che subivano l’oppressione dell’Impero, attraversando sia momenti che hanno segnato la storia, sia situazioni estremamente drammatiche e personali del protagonista. In tutto questo abbiamo cercato di comporre una sorta di colonna sonora che secondo noi rappresentasse al meglio gli avvenimenti storici e le situazioni ed emozioni che i personaggi si ritrovavano a fronteggiare. Questo ovviamente senza rinunciare al nostro sound e all’impronta musicale che volevamo avesse l’album, cercando il miglior compromesso tra questi due aspetti ugualmente importanti. Ovviamente non è stato facile: l’idea è sempre stata ben precisa nelle nostre menti, ma non sempre abbiamo al primo colpo centrato il bersaglio. Per questo ci siamo presi il nostro tempo per rimaneggiare i brani, soprattutto negli arrangiamenti, fino a quando non fossimo pienamente soddisfatti.

Come è nata la decisione di realizzare un concept album su Arminius?

Con l’entrata del nostro nuovo cantante Irmin nel 2015, che prende le redini della scrittura dei testi, decidiamo di dedicarci non solo agli eventi storici, ma di approfondire anche la psicologia e l’interiorità di alcuni dei protagonisti del periodo storico che trattiamo. Immediatamente la figura che magnetizza la nostra attenzione è quella di Arminio e, così, decidiamo che è il di ampliare il discorso iniziato nel 2009 con Silva Horrida sulla battaglia di Teutoburgo: ci siamo spulciati e documentati con attenzione l’argomento, chiedendo consulto anche a un professore di storia antica per non cadere in qualche inesattezza. Questa figura ha iniziato ad affascinarsi così tanto, che da volerle dedicare un brano, siamo passati a un EP e, infine, ad un intero album. Oltre a ciò, abbiamo da subito ritenuto che Arminio fosse lo specchio di tutto ciò che abbiamo voluto raccontare (l’incontro e scontro tra barbari e Impero Romano che ha reso l’Italia come la conosciamo oggi) e, allo stesso tempo, ci permettesse di evolvere la nostra scrittura in qualcosa di più intimo. Il suo travaglio interiore, il suo essere diviso a metà tra la sua tribù germanica di origine e l’Impero che lo ha cresciuto e le sue vicissitudini personali si intrecciano perfettamente con gli eventi storici di cui è assoluto protagonista e che sono uno specchio della situazione dell’Impero Romano in quel periodo storico, in bilico tra l’essere al suo massimo splendore e il suo primo declino. Inutile nasconderti il fascino che abbiamo provato nel poter raccontare e descrivere quegli avvenimenti. Ci teniamo però a fare una piccola precisazione: scrivendo il concept, non abbiamo voluto schierarci per nessuna parte. Piuttosto vogliamo lasciare aperto all’ascoltatore il quesito: Arminio è stato un traditore o un salvatore? O forse entrambe le cose?

Musicalmente troviamo i Gotland con tutta l’esperienza di questi anni e le influenze che vi hanno formato. Tra ferocia e mid-tempo c’è un po’ tutto e l’ascolto di Rise ne risente in positivo. Quali sono le canzoni che maggiormente vi rappresentano? 

Per natura il progetto Gotland è sempre stato in continua evoluzione: non ci siamo mai posti limiti nella composizione e difficilmente è capitato di ripeterci musicalmente parlando. Oggi sicuramente abbiamo accumulato più esperienza, che ci aiuta quando ci dobbiamo approcciare alla composizione, curando con attenzione anche i testi per non sfociare nel banale o nel troppo scontato. Anche tecnicamente ci sentiamo cresciuti come musicisti e di conseguenza siamo più sicuri e intraprendenti, permettendoci di “osare” un po’ di più. Nonostante questa varietà che ne è fuoriuscita in sede di songwrting, ad oggi possiamo tranquillamente dire che tutti i brani presenti su Rise ci rappresentano, nelle nostre varie sfaccettature che insieme costruiscono l’immagine della band che volevamo dare in questo momento. Identificare le tracce più rappresentative tra quelle con più influenze black come The Dishonor o death come Visurgis, quelle più veloci o quelle più lente ed atmosferiche sarebbe un errore per noi, in quanto sono tutte facce della stessa medaglia. Questo forse deriva anche dal fatto che si tratta di un concept album: abbiamo composto i pezzi come “capitoli” di un’unica storia fortemente intrecciati tra loro e, probabilmente per questo, ci risulta più difficile isolare un o un gruppo di brani rispetto al resto. 

Il cd è visivamente molto bello e in particolare mi ha sorpreso la cura nella realizzazione del booklet. 

Dopo aver ricevuto la copertina del disco, realizzata da Alessandro Alimonti, abbiamo iniziato a ragionare sul booklet. Ci ha aiutato molto anche il set fotografico di Fabry Stolen Instants, che ci ha fatto subito immaginare a livello visivo su cosa volevamo puntare. Una volta tracciata l’idea di come doveva essere strutturato, il nostro batterista Hoskuld (che aveva già curato in passato il booklet di Gloria et Morte e diverse grafiche per la band) ha incominciato la realizzazione. Il risultato ci soddisfa parecchio e di questo vanno fatti i complimenti e dati i meriti soprattutto a Hoskuld, che ci ha dedicato svariate ore di lavoro, curando il tutto nei minimi dettagli. Questo per noi era fondamentale per aggiungere un tassello importante per la divulgazione del nostro concept.

Sul disco sono presenti molti ospiti, immagino che oltre al talento sia stato un fattore importante l’amicizia che c’è tra di voi, è così? 

Certamente il rapporto di amicizia ha reso la collaborazione più semplice e genuina: con quasi tutti ci conosciamo da tantissimo tempo e abbiamo un rapporto speciale basato su stima e profondo rispetto. Oltre ad aver condiviso il palco tante volte con le nostre rispettive band, abbiamo vissuto momenti memorabili anche al di fuori del contesto musicale. Potremmo parlarti per ore di aneddoti con Manuel e gli altri ragazzi degli Atavicus, Davide e suoi Furor Gallico, Simone con i Voltumna e ora con gli ShadowThrone e Haiwas con i Veratrum. Alla nostra chiamata hanno tutti immediatamente risposto positivamente e con un entusiasmo che a volte ha stupito anche noi, e questo è stato molto bello. Leggermente diverso è stato per la cantante Chiara, in quanto noi avevamo in testa molto precisamente il tipo di voce femminile che volevamo e, per una parte così importante, non eravamo disposti a scendere a compromessi. Parlandone con Manuel durante le registrazioni delle sue parti, ci ha consigliato proprio Chiara e, quando l’abbiamo sentita, siamo rimasti stupiti di come fosse esattamente quello che cercavamo e che ancora non eravamo riusciti a trovare. In ogni caso, anche con lei ci siamo trovati subito benissimo e sulla stessa lunghezza d’onda, quasi come se ci conoscessimo da molto più tempo. Ma per tutti quanti, quando poi sono arrivate le tracce definitive su cui avevano lavorato, ti lascio immaginare l’emozione che abbiamo provato: sono stati tutti straordinari ed estremamente professionali e ogni volta che sentiamo le loro parti in Rise non possiamo che provare orgoglio e vanto. 

Potendo scegliere un paio di guest di livello internazionale, con chi vi piacerebbe collaborare?

Mi fai una domanda difficilissima: probabilmente verrebbe fuori un elenco infinito. Sarebbe facile citare nomi di band a noi affini come i SepticFlesh o gli italiani Fleshgod Apocalypse, che stimiamo tantissimo. Ma parlando di qualcosa di diverso, possiamo dirti che ci intrigherebbero molto collaborazioni con artiste e voci femminili come Myrkur. Ma, sarebbe fantastico anche lavorare con Will Ramos dei Lorna Shore, che con la voce può fare quello che vuole e ad oggi sicuramente è tra i più tecnici e talentuosi in circolazione. Per un discorso legato più alla parte musicale, sarebbe molto bello ed emozionante affidare le parti orchestrali per un brano ad un gran maestro come Ramin Djawadi o altri grandi orchestratori cinematografici.

Spenderei qualche parola sull’ottimo suono che avete in Rise. Volete condividere ricordi e sensazioni della fase di registrazione? 

Sul suono di Rise i meriti vanno sicuramente a Francesco Priolo del ViP Studio di Torino! Noi avevamo molto bene in testa come dovesse suonare l’album, ma è solo grazie a lui che questa nostra idea si è concretizzata in ciò che ora tutti voi potete sentire. Oltre ad aver messo a suo agio ogni membro della band e anche qualche ospite in fase di registrazione, è riuscito con la sua professionalità e le sue straordinarie doti a rendere Rise un lavoro magistrale. Tra registrazioni, mix, mastering e aggiunte di ospiti, con Francesco abbiamo passato praticamente un anno intero. Ci sarebbero una marea di aneddoti da raccontare perché con Francesco non ci si annoia mai: si ride, si scherza, ti carica quando iniziano le registrazioni e ha una pazienza infinita. E per mixare un album con tante tracce come Rise, ti possiamo assicurare che la calma e la pazienza di non voler fare un lavoro frettoloso è stata la ricetta vincente. Inoltre, con lui si è instaurato un rapporto speciale in questi anni e infatti oggi ci affidiamo a lui anche in sede live: conoscendo il nostro suono, avendone curato ogni minimo dettaglio, quando abbiamo lui dietro il mixer possiamo suonare ad occhi chiusi. Ci piace definirlo il “membro nascosto” dei Gotland, non per questo però di meno vitale importanza. 

Domanda sciocca: ci vorranno altri nove anni per ascoltare il terzo disco? 

Speriamo di no! Scherzi a parte, possiamo dire che abbiamo imparato dagli errori di Rise e abbiamo una bussola che indica una rotta molto più precisa per il nuovo materiale. Con Rise era tutto nuovo sia per la formazione, che per le idee: sapevamo che non volevamo ripetere ciò che avevamo fatto in passato, ma dovevamo trovare ancora la nuova strada. Ora è diverso ma, visto che ti possiamo confermare che stiamo già lavorando al nuovo materiale anche se il tutto è ancora in fase embrionale, è riduttivo dire che siamo molto soddisfatti delle nuove idee che abbiamo in cantiere. Sarà qualcosa di nuovo e sicuramente sarà diverso da Rise, ma la stabilità che sta avendo la band ci ha permesso di imboccare la nuova strada con più sicurezza e facilità. Vogliamo migliorarci ulteriormente e superarci costantemente, in primis per noi stessi, perché abbiamo la fortuna di poter scrivere la nostra musica senza scendere a compromessi, senza nessun limite ad ostacolarci. Per ora, quello che possiamo dirvi è che, anche se all’esterno vedrete la band completamente dedicata alla promozione di Rise, dietro le quinte si sta già forgiando ciò che sarà il futuro della nostra band. Che in poche parole vuol dire semplicemente che abbiamo lavorato per cercare un equilibrio tra la nostra ricerca musicale (sicuramente i Gotland non saranno mai una band che riuscirà a sfornare un disco all’anno) e dare una costanza maggiore alle nostre uscite.

Dopo il release party nella vostra città natale suonerete a Bergamo al Malpaga Winter Night a dicembre in veste di headliner. Sono stati programmati altri show? Quali saranno i prossimi passi dei Gotland?

Sicuramente ci saranno nuove date live per la promozione di Rise che presto divulgheremo. Essendo noi tutti molto impegnati con i rispettivi lavori, dobbiamo sempre organizzarci al meglio per poter portare la nostra musica oltre i confini piemontesi. Sia per questo, ma anche per una nostra filosofia di band, preferiamo dedicarci a poche date ma memorabili, piuttosto che fare un concerto ogni weekend. Detto questo, ovviamente non abbiamo composto, registrato e rilasciato Rise per farlo impolverare sugli scaffali: la promozione live dell’album sicuramente occuperà la band fino a tutto il 2024. Tornare sul palco dopo tanto tempo è come essersi svegliati da un coma profondo: ci ha dato un’energia e una spinta verso il futuro che quasi non ci aspettavamo e ora l’intenzione dei Gotland è quella di procurare battaglia senza più fermarsi.

Grazie davvero per il tempo e lo spazio che ci hai regalato e con tutto il cuore un saluto a tutti i seguaci di Mister Folk. Ci vediamo sotto il palco e al bancone!

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