Falconer – Black Moon Rising
2014 – full-length – Metal Blade Records
VOTO: 8 – Recensore: Mr. Folk
Formazione: Mathias Blad: voce – Stefan Weinerhall: chitarra – Jimmy Hedlund: chitarra – Magnus Linhardt: basso – Karsten Larsson: batteria
Tracklist: 1. Locust Swarm – 2. Halls And Chambers – 3. Black Moon Rising – 4. Scoundrel And The Squire – 5. Wasteland – 6. In Ruins – 7. At The Jester’s Ball – 8. There’s A Crow On The Barrow – 9. Dawning Of A Sombre Age – 10. Age Of Runes – 11. The Priory
Gli svedesi Falconer hanno saputo, con gli anni, crearsi una carriera di tutto rispetto grazie ad album qualitativamente interessanti e superiori alla media. Ormai, dopo quindici anni di attività, non c’è più bisogno di ricordare che Stefan Weinerhall e Karsten Larsson hanno militato nei seminali Mithotyn, formazione viking metal tra le più importanti per l’affermazione e lo sviluppo del genere. I Falconer hanno, infatti, sette dischi a cavallo tra il power e l’heavy, ma è con gli ultimi lavori – Among Beggars And Thieves e Armod – che si sono distinti dalla massa di band musicalmente simili. In particolare lo spettacolare Armod va menzionato (e ascoltato) per la forte influenza folk che lo contraddistingue. A tre anni esatti dall’ultima fatica discografica il quintetto di Mjölby torna sul mercato con il nuovo Black Moon Rising, cd che mette decisamente in secondo piano e reminiscenze folk e torna a pestare duro con canzoni dirette e pesanti senza, chiaramente, dimenticare il lato melodico del songwriting, da sempre molto importante per il combo scandinavo.
I primi quaranta secondi di Locust Swarm dicono molto: riff diretti e doppia cassa permettono di intuire quale via seguirà l’intero disco. Non mancano le tipiche belle melodie e la delicata voce del sempre eccellente Mathias Blad, ma tutto si posa su delle chitarre piuttosto crude e potenti. Halls And Chambers, dal ritmo decisamente più tranquillo rispetto all’opener, mostra l’altro lato dei Falconer, quello più orecchiabile e accattivante, con un ritornello praticamente perfetto che si stampa immediatamente in mente. La terza canzone in scaletta, la title track, racchiude tutte le caratteristiche del sound della band di Stefan Weinerhall, autore delle musiche e responsabile dei testi, tornati per questo disco in lingua inglese. La batteria di Karsten Larsson è a dir poco distruttiva e il contrasto che si ha con le linee vocali a volte “soft” è molto bello. Scoundrel And The Squire è una canzone folk metal nello spirito, interpretata in maniera grandiosa da Blad; la musica riporta agli ultimi due dischi con giri chitarristici e atmosfere dal sapore medievale. Wastelandè, invece, un massacro: i musicisti picchiano duro tra riff judaspriestiani e ritmiche tipicamente power metal. Tutto già sentito da decine e centinaia di gruppi, ma pochi lo sanno fare bene come i Falconer. Debole, soprattutto a seguito di un inizio come questo di Black Moon Rising, In Ruins non lascia traccia dopo il passaggio se non il ricordo di un bel riff di chitarra dopo il chorus, un po’ poco. Molto melodica e discretamente fatta risulta essere At The Jester’s Ball, durante la quale le prepotenti accelerazioni di Larsson danno la carica prima della power oriented There’s A Crow On The Barrow, dal testo oscuro e “gotico” (per lo stile Falconer, naturalmente) e dal sound orientato verso i dischi di metà carriera con una bella dose di muscoli in più. Ci si avvia verso il finale di album con Dawning Of A Sombre Age, composizione rockeggiante che aggiunge poco a quanto detto fino a questo punto. Decisamente meglio Age Of Runes, uno dei pezzi forti di Black Moon Rising. Introdotto da un riff da headbanging, il brano prosegue (sempre con il martello Larsson a dettare i ritmi) con delle favolose linee vocali di Blad e il ritornello da cantare a pugni alzati durante i concerti. L’ultimo pezzo in scaletta è The Priory, dalla strofa folk e dalle ormai classiche accelerazioni di batteria, con il finale decisamente estremo ed imprevisto, una botta di adrenalina prima dei conclusivi rintocchi di campane in lontananza.
La produzione, come i Falconer hanno abituato i propri fan, è eccellente: Black Moon Rising è stato registrato, mixato e masterizzato tra gennaio e marzo 2014 presso i Sonic Train Studios di Andy La Roque, il quale ha dato vita a questo imponente wall of sound con l’aiuto del giovane Olof Berggren (anche ospite con flauto e clavicembalo). La copertina è opera di Jan Meininghaus (Kreator, U.D.O., Bolt Thrower, Orphaned Land ecc.), artista tedesco legato alla band fin dal debutto del 2001 Falconer: questa volta, però, la front cover non rende giustizia al disco e il logo è di difficile lettura.
L’ottavo disco dei Falconer è bello, suonato con chirurgica precisione e prodotto in maniera esemplare; le canzoni sono di buona qualità e tutto è fatto nel migliore dei modi. L’unico “problema” di Black Moon Rising è quello di venire dopo “l’esagerato” Armod, con il quale perde, anche se di poco, il confronto. Forzare paragoni non è eticamente giusto, anche perché la valutazione finale di questo full length non può che essere alta, e va riconosciuto a Black Moon Rising il merito di far passare all’ascoltatore cinquantuno minuti in compagnia di heavy/power metal con qualche spruzzata folk di gran classe, è questo l’unico e vero dato di fatto.
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