Thyrfing – Farsotstider
2005 – full-length – Regain Records
VOTO: 9 – Recensore: Mr. Folk
Formazione: Thomas Väänänen: voce – Henrik Svegsjö: chitarra – Patrik Lindgren: chitarra – Kimmy Sjölund: basso – Joakim Kristensson: batteria – Peter Löf: tastiera
Tracklist: 1. Far åt Helvete – 2. Jag Spår Fördärv – 3. Farsotstider – 4. Höst – 5. Själavrak – 6. Elddagjämning – 7. Baldersbålet – 8. Tiden Läker Intet
Fondati nel 1995 e affascinati dalla mitologia norrena al punto da scegliere il nome della band da una spada magica che appare in un poema dell’Edda Poetica, i Thyrfing hanno mostrato album dopo album una notevole voglia di evolversi e maturare, di non rimanere fermi: se i primi dischi Thyrfing e Valdr Galga erano (parole loro) molto influenzati dai lavori di Enslaved e Bathory, con il successivo Urkraft hanno iniziato a portare nuove influenze all’interno delle composizioni, tra momenti maggiormente pesanti e riff pieni di groove. Soprattutto, in alcuni frangenti è comparsa un’oscurità praticamente sconosciuta nei precedenti dischi, inquietante anche se presente in modeste quantità. Vansinnesvisor è l’album che ha estremizzato il lato dark del gruppo, appesantendo le canzoni e rendendone non sempre semplice l’ascolto.
Farsotstider, uscito nel 2005, è un ulteriore passo in avanti per la band di Stoccolma. Pur mantenendo forti legami con la tradizione viking, l’album si inoltra nel buio di un futuro senza luce, dove a causa della cecità gli altri sensi vengono enfatizzati, ma la durata dell’esperienza è necessariamente breve a causa della mancanza d’aria: Farsotstider è un album asfissiante, cupo, apocalittico, nero, opprimente, soffocante. Musicalmente è un lavoro quadrato e spigoloso, dove le chitarre urlano anatemi verso l’ascoltatore e la tastiera dimentica tutti i classicismi presenti fino al precedente e già “diverso” Vansinnesvisor. Non c’è spazio per melodie incoraggianti, non c’è una sola nota “positiva” all’interno delle otto canzoni che compongono Farsotstider, ma solo triste pestifera aria insana.
Låt hoppets vingar
Förgås i flammor
(trad: lascia le ali della speranza, saranno consumate dalle fiamme)
L’operner Far åt Helvete è un malvagio inno pessimista, massiccio e cadenzato al tempo stesso: i giri di chitarra sono validi nella loro semplicità, la batteria colpisce senza tregua e le vocals sembrano in grado di strappare la pelle. Bellissimo il finale, con le chitarre che si cimentano in un riff lento accompagnate dalla tastiera di Peter Löf, importantissimo come non mai nell’economia del sound. La successiva Jag Spår Fördärv non cambia molto dalla precedente traccia, essendo anche questa una nera perla di negatività. Il ritmo è leggermente superiore, le asce di Henrik Svegsjö e Patrik Lindgren suonano più melodiche, ma il risultato non cambia:
En sjukdom obotlig, en pest otyglad
Detta är allt vad vi gör dig
(trad.: un male incurabile, la peste indomita, questo è tutto quello che facciamo per te)
La title track è stilisticamente più vicina ai primi lavori, grazie alle melodie finalmente ariose, alle note di tastiera che aprono e non opprimo, e al riffing più dinamico rispetto ai precedenti brani. La bellissima Höst si apre con gli accordi di una chitarra acustica, un motivo quasi folk, ma l’incantesimo dura poco, in quanto le chitarre portano tutto nell’angoscia più totale. La canzone è particolarmente toccante, merito sia dei continui stacchi acustici sia della voce disperata di Thomas Väänänen, freddo nel ricordarci che altro non siamo se non cibo per i vermi (Föda åt maskar, allt vi är). Con Själavrak i Thyrfing tornano a pestare duro creando una canzone solida, basata su tempi medi e con le chitarre impegnate in brevi melodie durante le quali è possibile intuire una lieve ma persistente luce. La sesta traccia di Farsotstider è Elddagjämning, canzone piuttosto interessante, che vede il continuo avvicendarsi di momenti claustrofobici ad altri dove è finalmente possibile inspirare aria pulita. Un continuo sali-scendi questo che, se da una parte entusiasma per la qualità eccelsa e l’atmosfera creata, dall’altra toglie energie all’ascoltatore, traumatizzato dai continui cambi buio/luce. Durante tutti i quarantadue minuti del cd rimane difficile respirare senza affanno, tanta è malsana l’aria (d’altra parte il titolo, buona parte dei testi e l’artwork trattano della peste e della triste fine che attende l’umanità). La band svedese è bravissima in questo, a trasmettere cioè in musica quello che i testi narrano. Ci si avvicina al termine dell’album con Baldersbålet, composizione mid tempo che mette la sezione ritmica in evidenza, pur non suonando nulla di particolarmente eclatante. La forza del bassista Kimmy Sjölund e del batterista Joakim Kristensson sta nel conoscere i propri (evidenti) limiti tecnici e saper aggirare l’ostacolo con una dose veramente massiccia di feeling e buon gusto. Chiude questo malato e fetido disco Tiden Läker Intet, brano di otto minuti di durata dove compare per la prima volta anche un bel violino. Nonostante l’elevato minutaggio della composizione i Thyrfing se la cavano più che bene, trovando soluzioni atmosferiche e acustiche che ben si amalgamano con i riff sempre ostili delle chitarre, creando un finale quasi ipnotico e completamente inaspettato.
Registrato tra i Cosmos Studios e i Zarathustra Studio nel corso della primavera del 2005, Farsotstider suona nordico ma sudicio: la produzione e il mixaggio di Henrik Edenhed e della band stessa risalta in maniera eccezionale l’oscurità dei passaggi strumentali, i riff marziali delle chitarre e le morbose urla di Thomas Väänänen. I suoni sono sporchi quanto basta per far capire di essere dinanzi una band tenebrosa, imponente e malvagia. Nota assolutamente positiva, il basso è perfettamente udibile, dando spessore e rotondità alle otto composizione del disco.
La copertina è opera di Lorenzo Mariani, artista originario di Ancona che ha collaborato anche con Darkthrone, 1349, Aborym e molti altri: una front cover che non lascia speranza, dove in un desolante paesaggio di morte si innalza solitario un grande e potente albero ormai secco, a testimoniare che anche la natura è stata sconfitta, e la peste del titolo non ha risparmiato niente e nessuno. Il booklet è semplice e spartano: pagine nere con testi non facilmente leggibili, una foto molto evocativa e le varie informazioni tecniche. Il minimo indispensabile, perfetto però per il contesto musicale e concettuale di Farsotstider. “Buffo” l’errore di una pagina rovesciata, rendendo in questo modo quattro testi leggibili solamente capovolgendo il libricino.
A rendere più appetibile un disco già per se molto interessante, il bonus dvd inserito dalla Regain Records nella seconda edizione dell’album, dove è presente il concerto che i Thyrfing hanno tenuto nel festival estivo Party San Open Air nel 2006. L’esibizione dei nostri è diretta e priva di fronzoli, mettendo positivamente a nudo la cruda proposta del sestetto svedese.
Il quinto full length dei Thyrfing è oggettivamente difficile da ascoltare, tanta è la pesantezza della proposta, non tanto musicale quanto concettuale. Non per questo non merita di essere ascoltato con grande attenzione, in quanto è in grado di far provare sensazioni non comuni nella vita quotidiana, oltre che a garantire quarantadue minuti di grande e potente musica.
Se fosse così semplice! Se da una parte ci fossero uomini neri che perfidi tramano nere azioni e bastasse distinguerli dagli altri e distruggerli! Ma la linea che separa il bene dal male attraversa il cuore di ogni uomo. Chi può distruggere un pezzo del proprio cuore? (Aleksandr Solženicyn – Arcipelago Gulag)
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