Intervista: Svartálfar

Alcune interviste nascono bene e proseguono meglio. Con Björn Fornaldarson, mente e cuore del progetto Svartálfar, abbiamo parlato non solo della sua interessante creatura, ma anche di altri aspetti che hanno reso questa intervista più interessante e profonda del solito. Basta chiacchiere, vi lascio alla lettura!

Benvenuto su Mister Folk! Iniziamo parlando delle origini del progetto e del nome che hai scelto.

Il progetto Svartálfar nasce nel 2015. Dopo alcune esperienze in gruppi della scena ligure finite abbastanza male ho deciso infatti di dedicare me stesso a un progetto in cui avrei potuto comunicare me stesso senza alcun tipo di mediazione e di compromesso e così è stato. Il nome indica i misteriosi “elfi scuri” della mitologia norrena, che molti associano ai “dvergar” (i “nani”). Ciò che mi ha attirato di queste creature è il fatto che sono davvero “oscuri”: di loro non è rimasta quasi alcuna traccia nelle fonti e la loro guardinga presenza ha risvolti inquietanti quanto sacri.

Sei arrivato al debutto: come è nato il disco e cosa hai voluto esprimere con la musica?

Il mio primo album, per breve che sia, lo ricorderò per tutta la vita. Sono partito da un contesto certamente difficile, ho poca strumentazione e registro tutto in una stanza non insonorizzata. Si potrebbe dire, ironicamente, che Svartálfar è una one-man band “vecchio stile”, che cura i dettagli musicali, ma poco la qualità del suono. L’aiuto, in sede di mix e mastering, del producer Dan Morris (che si occupa generalmente di musica techno) è stato determinante nella qualità finale del lavoro, che ha richiesto comunque diversi anni di sperimentazione, composizione e registrazione (diverse volte ho distrutto tutto in un impeto di rabbia e ho ricominciato da capo) e spero di poter collaborare ancora a lungo con lui. Con la mia musica ho tentato di esprimere ciò che il nome dell’opera rappresenta: Niflheljar Til significa, in senso lato, “fino agli inferi” e rappresenta il duro sacrificio che ogni uomo deve compiere a sé stesso per ottenere la Conoscenza, e con essa recuperare una vita sacra, in armonia con gli dei e con la natura. La mia musica è dunque caratterizzata, io direi, da una forte carica religiosa pagana.

I testi sono in diverse lingue: come mai la decisione di utilizzarne più di una e non temi di “spiazzare” l’ascoltatore?

Usare diverse lingue significa adottare diverse modalità di espressione e diversi modi di pensare: come “esperimento”, ho utilizzato la lingua che più mi sembrava adatta ad esprimere l’emozione o il concetto in quel momento. Concetti più sacri sono espressi cripticamente nell’antica lingua norrena (ciò si ricollega al concetto dei “Rúnar” letteralmente “segreti” sacri e misterici racchiusi nelle rune), emozioni più poetiche in lingua italiana, la mia lingua madre, e infine concetti più semplici e diretti in lingua inglese, ma ho anche scelto a seconda del suono. Spero che l’esperimento abbia sortito gli effetti sperati, ma non escludo in futuro di soffermarmi sull’uso della sola lingua italiana con inserti in lingue antiche.

Il tuo nome artistico e i testi si rifanno in gran parte alla mitologia e alla cultura scandinava, però qualcosa nel disco è in italiano: stai forse cercando una tua via più precisa e al momento Niflheljar Til rappresenta la tua visione artistica nonché punto di partenza?

Svartálfar è partito come un veicolo di espressione di una spiritualità pagana di stampo germanico-norreno, ma ho capito in seguito come ciò che io voglio esprimere non può essere limitato alla spiritualità di un solo popolo: voglio in futuro rappresentare il legame indissolubile che lega tutti i popoli indoeuropei, al fine di comunicare la necessità di un nuovo stile di vita in armonia con i cicli della natura che la civiltà moderna in ogni ambito cerca di dominare, dimenticando che gli dei non sono schiavi. Se per esprimermi avrò bisogno della mia sola lingua madre, lo stabilirò al momento opportuno: il progetto si sta ancora sviluppando e si è evoluto molto in questi cinque anni, di pari passo con la mia evoluzione personale. Per quanto riguarda il mio nome d’arte, ho scelto Björn Fornaldarson soprattutto per un personale legame con l’orso come animale (Björn in norreno, seppure possa sembrare banale), ma soprattutto per esprimere il mio intento di seguire le orme degli antenati: il peculiare patronimico “Fornaldarson” ha infatti il significato letterale di “figlio dei tempi antichi”.

La tua musica spazia dal metal estremo al folk ambient, ti chiedo quindi in quale maniera nasce una tua canzone e come lavori sui testi e sull’incastrare (bene) il tutto.

Il mio progetto ha due anime: una affonda le unghie nelle sonorità del black metal e del folk metal ed esprime il furore pagano per la distruzione della cultura dei nostri antenati, a qualunque popolo appartenessero, ad opera della modernità e delle religioni abramitiche (cui non ho potuto fare a meno di muovere una forte critica nel mio lavoro). La seconda si ispira all’arte scaldica del passato e intende esprimere la gioia dell’uomo che vive in pace con la natura e con gli dei, narrando le gesta del passato anche in chiave allegorica (il protagonista de Il Sonno di Silibrand è inteso come una personificazione del Paganesimo che tramonta e risorge come un Sol Invictus). Essendo questo progetto una one-man band, la composizione dei brani è strettamente legata all’attività di registrazione, poiché quando scrivo un riff o una linea vocale tendo a registrarla immediatamente: così nasce un mio brano. Alcuni brani restano fermi per mesi o addirittura per anni, ma alla fine troveranno tutti un loro posto nei miei lavori, al momento opportuno. Se dovessi trovare una definizione unitaria al genere che suono, nella mia mente l’ho sempre inteso come un folk metal “magico” e “pagano”.

Svartálfar è una one man band, ma hai mai pensato, trovando le persone adatte, a trasformare il tuo progetto in una vera band almeno per quel che riguarda i concerti, come fatto ad esempio da Bloodshed Walhalla?

Ho pensato a lungo di portare i miei brani su un palco, dal vivo, raccogliendo qualche musicista disposto a darmi una mano. Non escludo di realizzarlo in futuro, ma solo dal vivo: dubito di trasformare Svartálfar in una band che lavora in studio e compone in gruppo, perché credo che questo progetto abbia un legame indissolubile con la mia persona. Inoltre, le esperienze passate con band in senso stretto non sono state felici ed è questo l’esatto motivo per cui ho fondato questo progetto. In ogni caso, sto già realizzando in parte questi piani, organizzando alcune collaborazioni con il musicista romano Sjøhof, con il quale ho già qualche evento in programma nel prossimo futuro. Questi concerti consisteranno comunque in esibizioni dal vivo esclusivamente acustiche, quindi coinvolgenti la sola parte “scaldica” e strettamente folk della nostra rispettiva produzione musicale.

Ti esibisci come un bardo con voce e strumenti quali la lira di Trossingen e la taglharpa. Questa è una musica che “arriva” a chi ti ascolta? Come sono le reazioni del pubblico?

Quell’anima della mia musica è senza dubbio quella più apprezzata dal pubblico, ad oggi. Il motivo ritengo sia la sua natura acustica, meno estrema, più poetica (e tendenzialmente cantata in lingua italiana): chiaramente il metal estremo è un genere underground, non può piacere a tutti ed è bene che rimanga così, ma ritengo che l’arte scaldica, la musica tradizionale e il metal estremo possano essere mantenuti nell’orbita di un medesimo progetto senza “cozzare” l’una con l’altra. Spero di dimostrarlo col mio futuro operato. In ogni caso, questo tipo di musica è anche un modo per seguire le orme dei nostri antenati. Tutti questi strumenti sono molto semplici, persino limitati (per citare Einar Selvik dei Wardruna), ma è forse proprio questo loro aspetto il loro punto di forza, donando a chi suona o compone, ma anche a chi ascolta, la possibilità di ottenere qualcosa di grande con poco. Io cerco di produrre un alto canto che, nella sua semplicità, raggiunga persino le orecchie degli dei stessi, non per la sua umile natura, ma per la sua spiritualità.

Sei al lavoro su nuova musica? Puoi darci qualche informazione a riguardo?

Attualmente come molti altri artisti ho avuto un periodo di “blocco” della mia produzione artistica dovuto alla recente situazione di emergenza che ci ha costretti a rimanere chiusi in casa a lungo. Questo, per un musicista che trae la sua ispirazione dal legame spirituale con la natura, è al limite del tragico, ma in ogni caso sto già lavorando alla registrazione di un EP acustico contenente solo musica folk/scaldica, dal quale ho già estratto e pubblicato il singolo Il Pozzo Di Mímir, che per giunta ha registrato un numero inaspettato di ascolti e una larga approvazione nel mio pubblico. Contemporaneamente, sto iniziando a progettare il mio secondo album, ma prima spero di riuscire a distribuire qualche copia fisica di Niflheljar Til, magari con l’aiuto di un’etichetta discografica. Fare tutto da solo, persino in comodi tempi moderni, è un lavoro duro e faticoso.

Come ti sei avvicinato alla musica e in particolare al mondo del metal? Quali sono i tuoi punti di riferimento artistici? Cosa influenza la tua musica?

Curiosamente, il mio percorso musicale inizia con i generi più disparati: il rock, il blues, ho persino suonato in un gruppo metalcore genovese per un certo periodo. Negli anni ho compreso, complice uno stato d’animo negativo e apparentemente immotivato che mi pervadeva, nonché una lunga e travagliata crisi spirituale-religiosa, che le emozioni che intendevo esprimere non erano per nulla semplici: per questo necessitavano di qualcosa di diverso, di estremo se vogliamo, ma comunque dotato di una forte carica spirituale. Questa è la storia della nascita di Svartálfar e del peculiare stile che caratterizza questo progetto.

Chiudiamo la chiacchierata parlando del famoso sito/archivio Metal Archives: ti pesa il fatto che non ti abbiano “accettato” e che quindi il tuo nome non faccia parta di un sito tanto importante per appassionati e addetti ai lavori?

Grazie per la domanda, ho molto a cuore questo tema. Sono fortemente amareggiato dalla mentalità che sottende la volontà, da parte di quel sito, di includere nel proprio archivio soltanto progetti nei quali vi sia “predominanza della componente metal”. Mi chiedo, cosa significa “predominanza” della componente metal? Davvero è così difficile da comprendere il forte legame che esiste, ormai da decenni, tra il metal estremo e il folk/ambient? Per giunta, rilevo nell’atteggiamento di quel sito una certa ipocrisia: non sono esclusi progetti squisitamente folk o ambient del calibro di Wardruna e Mortiis, progetti che io personalmente stimo molto ma che di “metal” (nei termini di Metal Archives, stricto sensu), non hanno assolutamente nulla. In definitiva, ritengo che non vi sia davvero una distinzione tra progetti “metal” e progetti “non metal” nei criteri del sito, ma bensì una malcelata distinzione tra progetti “famosi” e progetti “non famosi”, discriminazione che in un genere estremamente ricco di validissimi progetti underground emergenti credo sia paragonabile a un vero e proprio crimine. Per fortuna non tutti coloro che operano nel campo hanno questa mentalità così ristretta, che si spera svanirà del tutto nel prossimo futuro. Di certo io non mi farò ostacolare da una “enciclopedia del metallo” (sic.) che rifiuta i miei lavori.

Grazie per la tua disponibilità, hai lo spazio per aggiungere quello che vuoi, a presto!

A presto e grazie per questa opportunità, arriveranno presto ulteriori notizie!

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2 risposte a "Intervista: Svartálfar"

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  1. How can I see this and read it in English please, I really want to follow the music and bands you post. Thank You

    1. Hi Doug, thank you for following the site. Reviews and articles are in Italian because my English is not good enough to write, but you can find interviews with non-Italian bands in English. You can always use Google translate as i am doing now 🙂

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