Windir – Arntor

Windir – Arntor

1999 – full-length – Head Not Found

VOTO: CAPOLAVORORecensore: Mr. Folk

Formazione: Valfar: voce, chitarra, basso, tastiera, fisarmonica – Steingrim: batteria

Tracklist: 1. Byrjing – 2. Arntor, ein Windir – 3. Kong Hydnes Haug – 4. Svartesmeden Og Lundamyrstrollet – 5. Kampen – 6. Saknet – 7. Ending

windir-arntorIl secondo disco dei Windir, Arntor, è uno dei capolavori assoluti del viking metal.

L’intera discografia composta da quattro album della band capitanata dallo sfortunato Valfar, è bene dirlo, di altissima qualità, e il terzo lavoro 1184 eguaglia (per alcuni supera) anche la gemma Arntor, ma si parla comunque di dischi strepitosi che hanno dato sangue e calore a una scena, all’epoca, ancora in via di sviluppo nonostante fossero già usciti full length di gran pregio per conto di Enslaved, Helheim, Mithotyn, Einherjer e, ovviamente, Bathory.

Era il 17 gennaio 2004 quando Valfar, all’anagrafe Terje Bakken, venne trovato senza vita causa ipotermia a Reppastølen, in una vallata non distante la sua città natale Sogndal: era stato, il 14 gennaio, a trovare i suoi genitori a Fagereggi, e tornando a casa a piedi, com’era solito fare, venne sorpreso da una bufera di neve che non gli diede scampo. Un tragico, ma romantico (passatemi il termine) modo di morire, lui sincero amante della propria terra e della storia che tanto affascinante la rende. Dopo questo drammatico fatto i restanti componenti dei Windir, il gruppo da lui fondato nel 1994, decisero di non proseguire oltre, ma di esibirsi per un’ultima volta in onore del giovane polistrumentista che tanto aveva dato alla scena black/viking. Il 3 settembre di quell’anno – data del ventiseiesimo compleanno di Valfar – si tenne il concerto al quale parteciparono anche componenti di Enslaved e Finntroll (live immortalato nel dvd SognaMetal); il giorno stesso uscì la doppia raccolta dal titolo Valfar, ein Windir (Valfar, un guerriero).

I Windir in pochi anni passarono dall’essere una one-man band underground di buone speranze a uno dei pochi gruppi proveniente dalla scena black metal – in debito d’ossigeno come non mai – con idee fresche, spontanee e soprattutto uniche. Tutto comincia nel 1994, anno in cui Valfar decide di fondare un progetto black metal, che in giro di poco tempo lo porta alla pubblicazione di due demo (1994 e 1995) e del primo full length album nel 1997, quel Sóknardalr in cui, seppur acerbo in alcuni tratti, lascia intravedere lampi di genio assoluto. Si tratta di un disco fortemente black metal arricchito da qualche spruzzata folkloristica: un inizio che promette bene, ma che è ben lungi dal presagire il concepimento – da lì a pochi mesi – del capolavoro di un’intera carriera. Le registrazioni del secondo Arntor terminano difatti nell’agosto 1998, anche se la pubblicazione è rimandata all’11 ottobre 1999. Un disco che scuote in maniera tremenda la scena norvegese e non solo, portatore qual é di una ventata d’aria fresca e per di più arricchito da una componente territoriale che in passato altri gruppi avevano usato in maniera più che convincente, ma mai così sincera e viscerale. I testi dell’album raccontano le gesta eroiche di Arntor, un contadino divenuto guerriero per amore della propria terra, morto nel tentativo di aiutare re Magnus Erlingsson, tornato dall’esilio danese imposto nel 1180 dal faroese Sverre Sigurdsson, per combatterlo e riconquistare il trono. Le cose non andarono come speravano: il re fu sconfitto, l’usurpatore divenne re di Norvegia dal 1184 (guarda caso titolo dell’album successivo) al 1202, Arntor morì dopo aver portato il suo villaggio alla rivolta e la sua Sogndal venne rasa al suolo. A rendere i testi ancora più legati al territorio la scelta di Valfar di cantare in saognamaol”, il dialetto della sua regione.

L’album è registrato presso il Grieghallen Studio di Bergen (già meta di Immortal, Emperor, Mayhem ecc.) ed è prodotto magnificamente da Eirik Hundvin, capace di conferire un sound potente, epico e al tempo stesso brutale e sanguigno.

Arntor si apre con il bell’intro Byrjing, dove fisarmonica e tastiera creano una solenne atmosfera di attesa alla battaglia, che puntualmente arriva con Arntor, ein Windir, titolo micidiale che racchiude al suo interno il meglio delle capacità compositive di Valfar: violenti riff di matrice black incontrano melodie di chitarra assolutamente uniche per l’epoca, con le drammatiche scream vocals e il drumming veloce e quadrato di Steingrim ad incitare violenza. Nella parte centrale la canzone rallenta progressivamente fino ad arrivare all’arpeggio di chitarra, prima di riprendere velocità con i riff melodici derivati dalla musica folk locale che sono il vero trademark dell’album. La successiva Kong Hydnes Haug alterna parti di (raw) black metal a cori maestosi su basi melodiche prima della parte centrale in cui la tastiera crea un tappeto sul quale i cori diventano protagonisti, in attesa che le disumane urla di Valfar tornino con il loro carico di drammaticità. Ancora alta velocità in Svartsmeden Og Lundamyrstrollet, quarta traccia di Arntor, con la sempre presente chitarra solista a fare un lavoro di mediazione con la brutalità dei riff tipicamente black metal: si crea così un risultato maestoso, epico e al tempo stesso inquieto per i fatti narrati. Semplicemente geniali i giri di sei corde di metà canzone, che spezzano la tensione prima di rilanciare l’ascoltatore nella confusione di quelle terre così pregne di sangue versato, per non parlare poi delle scale della chitarra: una semplicità disarmante che suona meravigliosa nel contesto strumentale; una di quelle melodie che entrano in testa fin dal primo ascolto e che “tormentano” con rigorosa tenacia nei giorni successivi e nei momenti più impensabili. La voce pulita di Steinarson, ospite assai gradito, in Kampen, su base mid-tempo alla Falkenbach (o anche un certo Bathory, ma molto più aggraziato) è probabilmente la parte più calma e pagan dell’intero cd. Valfar e Steinarson alternano magnificamente i loro vocalismi per quella che è un’autentica perla di viking metal. Si torna a ritmi sostenuti con Saknet, lunga canzone dove Valfar mette in mostra, se ancora ce ne fosse bisogno, tutte le sue capacità compositive-tecniche-interpretative, uscendone a testa fieramente alta. Alla componente black e folkloristica si aggiunge un riffing più tradizionalmente heavy metal, arricchendo ulteriormente la tavolozza dei colori dai quali attingere a seconda dell’ispirazione e della necessità. Arntor è chiuso magnificamente dal brano Ending: il riff iniziale (e a ruota il cantato) è il più raw dell’intero album, ma basta una semplice melodia a cambiare completamente atmosfera, pur continuando la chitarra ritmica a buttarci addosso riff marci e Steingrim a violentare il proprio drum-kit. Finisce così un album fondamentale per la storia del metal estremo e del viking in particolare.

Quello prodotto dai Windir nel 1998-99 è un capolavoro assoluto che rimarrà per sempre nella storia della musica pesante, sia per un motivo prettamente musicale, sia – soprattutto – per tutto quello che gli ruota attorno: il legame con la terra d’origine – con la natura e con le tradizioni folkloristiche – sarà da concetto guida per le generazioni future, senza che queste possano però eguagliare la maestria di Valfar nel descrivere (e trasmettere agli ascoltatori) con la musica le intense sensazioni provate dal contadino-guerriero Arntor, eroe norvegese.

NB – recensione rivista e aggiornata rispetto alla versione originariamente pubblicata per il sito Metallized.

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