Ereb Altor – Nattramn
2015 – full-length – Cyclone Records
VOTO: 9 – Recensore: Mr. Folk
Formazione: Mats: voce, chitarra, tastiera – Ragnar: chitarra, voce – Mikael: basso – Tord: batteria
Tracklist: 1. The Son Of Vindsvalr – 2. Midsommarblot – 3. Nattramn – 4. The Dance Of The Elves – 5. Dark Waters – 6. Across The Giant’s Blood – 7. The Nemesis Of Frei
L’evoluzione musicale degli Ereb Altor è molto interessante: partiti come cover band dei Bathory (i primi due lavori By Honour e The End non possono che essere considerati dei veri e propri tributi alla maestria di Quorthon), hanno bruscamente cambiato direzione musicale con Gastrike del 2012, dove il black metal prendeva il sopravvento sull’epicità e le melodie, per poi tornare, inaspettatamente, al viking più fiero e potente con Fire Meets Ice del 2013, nel quale la crudezza del black si univa all’epic per creare un’opera magnifica. Il nuovo Nattramn (una figura del folklore svedese, una sorta di corvo con artigli molto grandi) porta la grandezza del sound Ereb Altor oltre a quanto già fatto, estremizzando alcuni aspetti e rendendo la musica del quartetto svedese ancora più grandiosa e solenne.
Ritmate percussioni minimali rendono The Son Of Vindsvalr uno dei pochi casi in cui l’intro serve realmente a introdurre l’ascoltatore nel mood dell’album. Le chitarre melodiche ed epiche di Midsommarblot (sacrificio di sangue per avere un buon raccolto e una lunga estate) sono il miglior biglietto da visita per Nattramn, un gioiello mid tempo in grado di non sfigurare al cospetto dei capolavori di Bathory e Falkenbach. La voce clean di Mats è sempre più convincente, perfetta per le atmosfere magiche e sognanti che la band scandinava è in grado di produrre. Riff plumbei per la title track, canzone dalle connotazioni oscure e malevole; il ritmo è feroce e lo scream del frontman non è certo da meno. Tra riff tritacarne e le ingombranti tastiere malvagie c’è persino spazio per un breve assolo di chitarra, ma è il ritornello, orecchiabile e accattivante, a conquistare immediatamente prima del finale doom oriented. The Dance Of The Elves è introdotta da una deliziosa chitarra acustica che accompagna il canto di Mats, ma sono le chitarre bathoriane a fare il grosso del lavoro: le melodie vocali estremamente semplici ed evocative e le brevi parti scream sono l’arma vincente della composizione più melodica dell’intero cd. Il testo racconta la storia degli elfi che attirano le persone nei loro balli senza tempo, dove una notte può equivalere anche un secolo dei mortali. I nove minuti di Dark Waters rappresentano la summa delle capacità degli Ereb Altor: sarebbe fin troppo riduttivo citare solamente le chitarre (ora maggiormente dinamiche) e le atmosfere tetre delle strofe per descrivere un piccolo capolavoro come questo. Il lavoro del drummer Tord è semplicemente eccellente e le accelerazioni di doppia cassa risaltano le melodie delle sei corde, senza dimenticare l’onnipresente tappeto creato dalla tastiera, fondamentale nell’accentuare determinate situazioni. Il break rarefatto che arriva dopo sei minuti di devastazione è puro ossigeno, ma il seguente riff mefistofelico è quanto di più maligno ci si potesse aspettare, ed è un piacere lasciarsi andare alla devastazione più totale sotto le truci note delle asce di Ragnar e Mats, sporche di sangue più che mai. Across The Giant’s Blood è un monumentale pezzo epic doom, colonna sonora delle navi che salpavano l’oceano per conoscere e conquistare nuove terre. La chiusura di Nattramn è affidata all’imponente The Nemesis Of Frei: la musica è in simbiosi con il testo, e la furia di Surtr durante il Ragnarök porta la canzone verso lidi black metal. Gli ultimi minuti della canzone sono malinconici e l’arpeggio di chitarra pone l’accento sulla devastazione portata dai Giganti di Fuoco.
La copertina del disco, opera del brasiliano Gustavo Sazes (Arch Enemy, Angra, Firewind ecc.), rappresenta al meglio le intenzioni e la musica degli Ereb Altor; si può parlare di un tutt’uno tra artwork e testi, così com’è perfetta la sintonia tra produzione e note musicali. I suoni sono grassi e potenti, definiti ma con un minimo di “sporcizia” che rende Nattramn dannatamente sincero e aggressivo. Gli strumenti sono equilibrati tra di loro e suonano naturali, molto simili a quanto riprodotto sul palcoscenico. Per gli appassionati delle info tecniche: il disco è stato registrato e mixato dal batterista Tord presso lo Studio Apocalypse, mentre del mastering se ne è occupato Jens Bogren (Amon Amarth, Enslaved, Borknagar, Opeth ecc.) nei Fascination Street Studios.
Nattramn è un disco da ascoltare tutto d’un fiato, in grado di conquistare l’ascoltatore fin dai primi istanti, la perfetta colonna sonora per i momenti importanti della vita, quando le decisioni da prendere possono cambiare tutto se solo se ne ha il coraggio. Sette canzoni di metal oscuro, nelle quali regna l’equilibrio tra accelerazioni inaspettate e aperture melodiche di grande classe. Le linee vocali rasentano la perfezione e i testi (alcuni incentrati sui vichinghi, altri sulla mitologia norrena) sono a tratti ammalianti: Dark Waters, ad esempio, parla di una leggenda svedese, di una creatura nata nel mondo sotterraneo in grado di suonare il violino come nessun altro. Una creatura che odia le persone che “camminano sopra” e farà di tutto per ingannarli e ucciderli.
Fire Meets Ice è stato uno dei migliori dischi del 2013 in ambito folk/viking, Nattramn è destinato alla medesima gloria; gli Ereb Altor, anche a seguito di esibizioni live a dir poco entusiasmanti, meritano l’attenzione della grande audience e il supporto di tutti coloro amano le sonorità epiche e battagliere. Veri maestri del genere.
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