Kampfar – Profan

Kampfar – Profan

2015 – full-length – Indie Recordings

VOTO: 8 – Recensore: Mr. Folk

Formazione: Dolk: voce – Ole: chitarra – Jon: basso – Ask Ty: batteria

Tracklist: 1. Gloria Ablaze – 2. Profanum – 3. Icons – 4. Skavank – 5. Daimon – 6. Pole In The Ground – 7. Tornekratt

kampfar-profan

Una discografia come quella dei Kampfar è cosa rara al giorno d’oggi: sette full-length e una manciata di EP/singoli sempre di grande qualità, senza perdere mai l’ispirazione ma anzi sviluppando un sound personale ormai diventato vero marchio di fabbrica. Oltre venti anni di attività, ma la bontà musicale di Dolk e soci è rimasta invariata nel corso del tempo.

Profan, naturale successore di Djevelmakt, è il manifesto sonoro di una band affiatata e sicura, che in carriera non ha mai sbagliato una pubblicazione e che a ogni album guadagna – meritatamente – sempre nuovi fan. Heimgang e Kvass suonano chiaramente diversi da quello che la band di Bergen propone oggi, ma il trademark è sempre lo stesso, i Kampfar sono diventati dei porta bandiera del pagan black metal più intransigente senza perdere nulla dell’aspetto melodico che li ha sempre contraddistinti.

L’ascolto di Profan porta la mente sempre e solo in un luogo: al centro della più oscura, sinistra e infestata foresta norvegese. La selvatica Gloria Ablaze è l’opener perfetta, dall’incedere minaccioso con le sfuriate black metal e il riffing che si dilata per permettere al cantato (scream e clean) di doppiarsi in un ritornello che sembra al tempo stesso l’urlo di una strega e della sua disperata vittima:

I claim fire
Behind the shade of shadows
There in fire
At the gates, beyond
Beyond the fires of the highest horns
There in fire
Behind the shades of shadows

L’inizio di Profanum è feroce, uno spietato up-tempo dai giri di chitarra affilati, talmente furioso che stupisce (in positivo!) il lungo stacco strumentale con i tipici riff melodici che contraddistinguono i Kampfar dai tempi dell’esordio. Ancora impeto pagano con Icons, brano arricchito dagli immancabili cambi di tempo con Dolk che ripete più volte che noi siamo “icons of filth”. Nella difficile scelta del “brano migliore” del cd, potrebbero starci i sette minuti di Skavank: tutto gira alla perfezione, dalle bordate estreme alle parti più groove e oscure durante le quali sembra di poter vedere le creature della notte aggirarsi tra gli alberi. La capacità della band di assemblare canzoni di elevata qualità, varie musicalmente e soprattutto in grado di scatenare nell’ascoltatore reazioni importanti, sono il segreto che accompagna i Kampfar dal giorno della fondazione in quel lontano 1994. Il Didgeridoo suonato dall’ospite Geir Torgersen viene presto avvicinato dal pianoforte per un inizio canzone diverso dal solito: Daimon è una composizione particolare che non vuole rispettare le regole che tutte le band conoscono, con un finale nel quale le stesse frasi vengono ripetute più volte da un Dolk quasi sciamano per un risultato ipnotico. Pole In The Ground è puro black metal, violento e oscuro, spaventoso e inquietante quanto il testo:

Night terror
The sun has been blocked,
Crippled by darkness
Burning despair
From the shadow keeper

Dopo il viaggio nell’oscurità offerto da Pole In The Ground, la “semplice” Tornekratt è quasi un ritorno alla luce. Una luce però smorzata dalle nuvole scure che circondano la canzone: dopo i primi minuti di buona qualità arriva la sorpresa situata al centro della composizione, ovvero un signor chorus in pulito da parte del frontman che stupisce e risveglia tutti quanti, anche coloro che sono ipnotizzati dai boscosi riff di chitarra opera dell’ex Mistur (ma nella band dal 2011) Ole Hartvigsen.

Profan è ottimo sotto tutti i punti di vista. I musicisti sono di prima categoria e quando si ascoltano dei fraseggi in grado di emozionare l’ascoltatore allora vuol dire che si è dinanzi a un lavoro sicuramente degno di nota. La produzione aiuta senz’altro: suoni e volumi sono potentissimi e cristallini, ma il retrogusto di sporco – sicuramente un collegamento voluto con il proprio passato musicale – che pervade l’intero cd è il valore aggiunto all’intero lavoro svolto in studio da parte di Hartvigsen.

Profan è l’ennesimo disco convincente dei Kampfar, che rafforza lo status raggiunto dalla band a suon di lavori ineccepibili, fedele alla tradizione ma che non disprezza piccole novità che rendono il sound attuale. Dopo oltre venti anni di carriera una band di metal estremo, forse, non può chiedere di più.

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