Svartsot – Vældet

Svartsot – Vældet

2015 – full-length – Nail Records

VOTO: 6,5 – Recensore: Mr. Folk

Formazione: Thor Bager: voce – Cris Frederiksen: chitarra, mandolino – Michael Alm: chitarra, voce – James Atkin: basso – Frederik Uglebjerg: batteria – Hans-Jørgen Martinus Hansen: whistle, cornamusa

Scaletta: 1. Midsommer – 2. Urtekonen – 3. Kilden – I Marker og i Lunde – 4. Allerkæresten Min – 5. Moder Hyld – 6. Markedstid – 7. I Mørkets Skær – 8. Ved Vældets Vande

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La carriera dei danesi Svartsot è in rapido declino. Partiti anni fa con due ottimi demo (Svundne Tider e Tvende Ravne rispettivamente del 2006 e 2007), firmano un contratto con la storica Napalm Records, etichetta che li fa esordire con il buon Ravnenes Saga, seguito dall’altrettanto riuscito Mulmets Viser del 2010. Un uno-due che sembrava essere l’inizio dell’ascesa della band nell’olimpo del folk metal, ma diversi cambi di line-up e forse una pressione non facile da gestire, hanno portato la formazione di Randers a pubblicare il mezzo passo falso Maledictis Era, un lavoro cupo (per scelta, visto il tema trattato) e privo di quel brio che rendeva i primi lavori accattivanti e orecchiabili nonostante le chitarre a volte amonamarthiane e il vocione growl che conduceva le danze. Il nuovo Vældet segna un passo in avanti rispetto al fiacco disco del 2011, ma non incanta come Ravnenes Saga per la mancanza di quella melodia di tin whistle (strumento che da sempre li caratterizza) in grado di rimanere in testa per giorni dopo averla ascoltata. Le canzoni, in generale, sono prive di mordente, anche se alcune di queste suonano bene e convincenti. E se il gruppo è “retrocesso” dalla potente Napalm Records alla Nail Records (Dalriada, Niburta, Kylfingar), volenterosa ma di ben minori capacità, vuol dire che in loro non ci crede più nemmeno chi li ha scoperti.

Vældet è un cd contenente otto canzoni per un totale di quarantasei minuti. L’inizio è buono: chitarre acustiche e riff robusti, insieme agli strumenti tradizionali, sorreggono Midsommer, mid-tempo gradevole nel quale qualche breve accelerazione e l’intrecciarsi delle chitarre nella parte finale di canzone non fanno altro che stupire in positivo. Urtekonen è introdotta dalla voce poco gentile del cantante Thor Bager. Gli Svartsot mostrano la volontà di cambiare alcune cose nel proprio sound, cercando di variare le proprie composizioni senza snaturare la musica, un merito che va riconosciuto alla band. La terza traccia, Kilden, è probabilmente la migliore del lotto e vede la partecipazione di Nenna Barslev, voce dei connazionali Huldre. Melodie azzeccate, cori maschili e chitarre quadrate fanno in modo che il pezzo scorra bene e rimanga impresso in mente. Allerkæresten Min vede inizialmente la presenza della voce pulita ed è, per certi versi, la più vicina, stilisticamente parlando, a quanto fatto nei primi dischi. La ritmata Allerkæresten Min, con tanto di chitarre simil Iron Maiden, è diretta, divertente, senza tanti fronzoli ma anche un po’ ripetitiva e arrivare al sesto minuto non è cosa semplicissima. Il momento non troppo ispirato prosegue con Moder Hyld, un pezzo che vede giri di chitarra e melodie già ascoltate non si sa quante volte per un numero esagerato di volte. La sesta traccia, Markedstid, è simile alla precedente, ma più ispirata e meno ripetitiva: si parla della classica canzone degli Svartsot, con tutte le caratteristiche che hanno reso famoso il gruppo di Randers. I Mørkets Skær è uno strano brano strumentale da oltre quattro minuti e mezzo; vista la struttura viene da pensare che I Mørkets Skær sia una canzone normale alla quale è stata tolta (o mai aggiunta) la voce del cantante. La conclusione di Vældet arriva con la discreta Ved Vældets Vande. Il tin whistle e la voce della Barslev sono una sicurezza, mentre fa piacere ascoltare i fraseggi di chitarra della coppia Frederiksen/Alm.

Il problema di Vældet è la discontinuità: dopo i primi tre brani c’è un crollo qualitativo parzialmente recuperato con l’ultimo pezzo in scaletta. La scelta di utilizzare una canzone potenzialmente normale come strumentale è insensato e non può certo bastare il dato positivo della produzione di Lasse Lambart (Alestorm, Gloryhammer, Lagerstein oltre ai primi due LP degli Svartsot), assolutamente potente, per cambiare le sorti del disco.

Vældet è un discreto album di extreme folk metal, da ascoltare qualche volta prima di metterlo via a favore di qualcosa maggiormente entusiasmante. Triste dirlo, ma gli Svartsot sembrano non essere in grado di riprendersi, forse destinati all’anonimato dopo aver creduto (e fatto credere) di poter spiccare il volo qualche anno fa.

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