Alestorm – No Grave But The Sea
2017 – full-length – Napalm Records
VOTO: 8,5 – recensore: Mr. Folk
Formazione: Christopher Bowes: voce, tastiera – Máté Bodor: chitarra – Gareth Murdock: basso – Elliot Vernon: tastiera, tin whistles – Peter Alcorn: batteria
Tracklist: 1. No Grave But The Sea – 2. Mexico – 3. To The End Of The World – 4. Alestorm – 5. Bar Ünd Imbiss – 6. Fucked With An Anchor – 7. Pegleg Potion – 8. Man The Pumps – 9. Rage Of The Pentahook – 10. Treasure Island
Prendete Storie di pirati e d’alto mare di Arthur Conan Doyle, La vera storia del pirata John Silver di Bjorn Larsson e L’isola del tesoro di R.L. Stevenson. Mentre scorrete le pagine che narrano di abbordaggi, bevute colossali e incredibili personaggi con gambe di legno o pappagalli sulla spalla, avvertirete sicuramente il bisogno di ascoltare della musica a tema, cosa scegliere? No, non Hans Zimmer, autore delle belle colonne sonore di Pirati dei Caraibi. Il meglio sulla piazza sono indiscutibilmente gli Alestorm e il loro nuovo No Grave But The Sea. I pirati scozzesi arrivano al quinto sigillo della propria carriera e alzi la mano chi, nel gennaio 2008, dopo aver ascoltato il debutto Captain’s Morgan Revenge, aveva immaginato non solo una carriera lunga dieci anni, ma anche il successo che li porta a essere uno dei nomi “pesanti” dell’odierna scena heavy metal. Christopher Bowes e soci sono stati bravi – anche grazie dell’ottima Napalm Records – nel migliorare strumentalmente e a livello compositivo senza perdere una briciola di quel loro tipico essere cazzoni disordinati e sudici che tanto li caratterizza. Se oggi, giugno 2017, si parla degli Alestorm come una band affermata e brava in studio quanto divertente in concerto, il merito va proprio al capitano Bowes, abile nonostante le frequenti sbornie a metter su una ciurma diligente e affiatata.
L’evoluzione musicale dal debutto a oggi è innegabile, ma è anche vero che sono tre i dischi che all’incirca suonano tutti uguali e con strutture e melodie spesso molto simili tra loro. Si può controbattere dicendo che i vari Ac/Dc e Motörhead hanno fatto una carriera – e che carriera! – sulle stesse quattro note senza che nessuno provasse a criticarli per questo motivo. Gli Alestorm, con le dovute differenze, fanno lo stesso. D’altronde, un loro fan cerca il sound Alestorm e non altro. Spazio quindi a inni alcolici, divertenti e infami “giochi” da pirati, racconti epici da veri lupi di mare. Il tutto racchiuso in una manciata di singoloni e qualche bel pezzo: tanto basta ai bucanieri scozzesi per confezionare un disco solido, allegro, tosto e accattivante.
La title-track racchiude tutto il mondo Alestorm in tre minuti e mezzo, ma il meglio arriva con le tracce Mexico, Alestorm e Fucked With An Anchor. La prima ha un ritornello irresistibile che farà impazzire tutti quanti durante i concerti:
Yo! Ho! Mexico!
Far to the south where the cactus grow
Tequila and a donkey show
Mexico! Mexico!
Yo! Ho! Mexico!
Far to the south where the cactus grow
Take me away from the ice and the snow
Alestorm è più seriosa e pesante, dal riff principale vicino al metalcore, fino alla grandiosa esplosione del chorus che glorifica Bowes nell’olimpo dei pirati:
Rum, beer, quests and mead
These are the things that a pirate needs
Raise the flag, and let’s set sail
Under the sign of the storm of ale
Continuando a parlare di ritornelli, non si può far finta di nulla dinanzi a un capolavoro come quello di Fucked With An Anchor. La traduzione la lascio a voi:
Fuck! You!
You’re a fucking wanker
We’re going to punch you right in the balls
Fuck! You!
With a fucking anchor
You’re all cunts so fuck you all
Fuck you!
Ridurre gli Alestorm a soli ritornelli da urlare al cielo e a storie tragicomiche non sarebbe giusto. Dietro ai testi e all’immagine goliardica ci sono musicisti preparati che sanno suonare i propri strumenti, e che soprattutto sanno comporre buone canzoni. Prova ne è Treasure Island, composizione da oltre sette minuti che chiude il disco con massicce dosi di doppia cassa, melodie da taverna e grandinate di riff gagliardi.
Come sempre a occuparsi dell’ottimo audio c’è Lasse Lammert, al lavoro con Bowes e soci fin dal disco d’esordio (oltre che con Svartsot, Gloryhammer e Huldre): il risultato è, manco a dirlo, di altissimo livello. Anche la copertina del disco è degna di nota, d’altra parte quando la commissione si affida a Dan Goldsworthy, noto per gli arwork di Accept e Gloryhammer, si va sul sicuro.
No Grave But The Sea è l’ennesimo bell’album degli Alestorm. Nei tre quarti d’ora di musica c’è tutto il meglio del repertorio dei pirati più amati del metal: fate scorte di rum e affilate le lame, si va alla conquista di bottini!!!
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