GUNS N’ ROSES + VOLBEAT + BARONESS
15 giugno 2018, Visarno Arena, Firenze
NB: nel report non ci sono foto del concerto perché ho preferito godermi lo spettacolo invece di fotografare con scarsi risultati il palco dando fastidio a chi, dietro di me, era più interessato alla musica che al mio cellulare. Provate anche voi al prossimo concerto al quale andrete: via il telefonino e godetevi la musica come si faceva 20 anni fa, non ve ne pentirete!
“Ci hanno rotto il culo per tre ore e un quarto”. Questo, in breve, quello che è successo venerdì a Firenze. Sul palco i Guns N’ Roses, un anno dopo lo show trionfante di Imola.
Nella bellissima cornice della Visarno Arena si consuma la seconda serata del Firenze Rocks: finalmente il pubblico può assistere a un evento stando comodamente sull’erba invece del solito e infuocato asfalto di circuiti, parcheggi e piazze. Tutto è organizzato molto bene e anche la modalità di deflusso dall’arena ha funzionato alla grande, a differenza di quanto accaduto a Imola. Infine, merita una citazione il personale della sicurezza, in particolare quello che era alle transenne della prima fila, sempre gentile e che per tutta la giornata ha dato centinaia di bottiglie d’acqua fresca a chi era accalcato davanti al palco per vedere al meglio il concerto.
Perso il gruppo d’apertura, i Baroness hanno cercato di fare il massimo con i pochi mezzi a disposizione (suoni altalenanti, volumi un po’ bassi, ecc.), suonando davanti a un’audience ancora sonnacchiosa e in gran parte seduta in attesa degli headliner. Molto meglio va ai Volbeat, anche perché dal vivo la band danese riesce a convincere anche chi rimane indifferente ascoltando i dischi in studio. Michael Poulsen (voce e chitarra) sa come giocare col pubblico, al resto ci pensa il loro sporco rock’n’metal dal look impeccabile e la cover di Johnny Cash Sad Man’s Tongue. Tutto bello e coinvolgente, ma alle 20.00 tocca ai Guns e non ce n’è più per nessuno.
Il concerto: un epico viaggio nel mondo del rock’n’roll, mondo nel quale i Guns N’ Roses sono in vetta insieme a un pugno di nomi immortali. Diciamolo subito, Axl e compagnia, con questo infinito tour si sono guadagnati (sempre se già non lo avessero già fatto con i capolavori Appetite For Destruction e i due Use Your Illusion) la definizione di leggendari, perché chi altro, a 56 anni, canta-balla-suona per oltre tre ore senza un attimo di tregua e senza cali qualitativi? Quale frontman riesce, dopo venti anni di semi silenzio e periodi no, ad avere per se gli occhi e i cuori di 65000 persone? Quale gruppo, a 27 anni dalla pubblicazione dell’ultimo disco della formazione “classica” riesce a stare in tour per tutto questo tempo e con questa affluenza pazzesca di pubblico? Soprattutto, i Guns N’ Roses sul palco si divertono ancora tanto e, di conseguenza, fanno divertire i propri fan.
La scaletta è una sorta di best of con qualche ripescaggio inaspettato e un paio di cover nuove. Il palco non è particolarmente grande, soprattutto le “lingue” laterali sono corte e chiuse dalla transenne che Axl Rose non è riuscito a rimuovere quando ci ha provato. L’inizio è quello che ci aspetta con It’s So Easy, Mr. Brownstone e Chinese Democracy, per proseguire con tanti classici della band americana come Rocket Queen, Civil War, Sweet Child O’ Mine e Double Talkin’ Jive. In scaletta ci sono anche pezzi che erano stati messi da parte come la divertentissima Used To Love Her e Patience (preferita a Don’t Cry), o nuovi Shadow Of Your Love (che scatena finalmente un bel po’ di movimento nel pit, ma hey, questo è rock’n’roll, mica musica da camera!), singolo della riedizione di Appetite For Destruction. Come al solito non mancano tante (troppe?) cover: Attitude cantata dal sempre in forma Duff McKagan è una piacevole sorpresa, come lo sono Wichita Lineman e Black Hole Sun. Su Wish You Were Here c’è un lungo duello di chitarra tra Slash e Richard Fortus (coppia più affiatata rispetto a un anno fa) ed è proprio la chitarra a trionfare nel concerto dei Guns N’ Roses, finalmente tornata nel ruolo che le spetta in un concerto rock, ovvero quello al centro della scena. Quanti gruppi rock (o presunto tale) utilizzano la sei corde per creare canzoni dal ritornello facile a discapito di assoli e riff? Assistere a un concerto dei Guns è un piacere per ogni amante del rock, lo strumento più importante ha tutto lo spazio che merita per assoli e improvvisazioni, proprio come quando il rock non era merchandise e foto, ma musica e sudore. Sudore che Axl Rose non risparmia correndo da una parte all’altra del palco, cantando e incitando il pubblico a seguirlo, facendo gli occhi dolci alle prime file e dando tutto quello che può e forse anche qualcosa in più. Non si può non voler bene a un uomo che ha avuto tutto dalla vita e che tutto ha buttato via, salvo cercare di redimersi con sacrificio e sofferenza, fino a tornare in vetta con l’intenzione di non abbandonarla più. La musica scorre senza tregua, il pubblico canta e piange su Estranged, si emoziona con This I Love e November Rain, salta con Nightrain. Axl saluta il pubblico e se ne va, ma nessuno gli crede, tutti si aspettano le ultime quattro canzoni e il punto esclamativo del concerto è una Paradise City iper carica tra coriandoli tricolori e fuochi d’artificio, degna chiusura di una grande festa all’insegna del rock’n’roll.
Scaletta: 1. It’s So Easy – 2. Mr. Brownstone – 3. Chinese Democracy – 4. Welcome To The Jungle – 5. Double Talkin’ Jive – 6. Better – 7. Estranged – 8. Live And Let Die (Wings cover) – 9. Shilter (Velvet Revolver cover) – 10. Rocket Queen – 11. Shadow Of Your Love – 12. You Could Be Mine – 13. Attitude (Misfits cover) – 14. This I Love – 15. Civil War – 16 – Slash guitar solo – 17. Sweet Child O’ Mine – 18. Wichita Lineman (Jimmy Webb cover) – 19. Coma – 20. Wish You Were Here (Pink Floyd cover) – 21. November Rain – 22. Black Hole Sun (Soundgarden cover) – 23. Used To Love Her – 24. Knockin’ On Heaven’s Door (Bob Dylan cover) – 25. Nightrain – 26. Patience – 27. Yesterday – 28. The Seeker (The Who cover) – 29. Paradise City
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