Vittorio Sabelli, mente e cuore dei Dawn Of A Dark Age, non smette di stupire, e così dopo l’ottimo La Tavola Osca ha pubblicato un disco forse anche migliore, ovvero l’eccellente Le Forche Caudine 321 a.C. – 2021 d.C., lavoro che ha meritatamene ricevuto gli elogi di pubblico e stampa. Musica e storia vanno a braccetto – così come clarinetto e metal estremo – e Vittorio ci racconta tutto quel che c’è da sapere su un disco che dovreste assolutamente far vostro.
Per prima cosa ti faccio i miei complimenti per quanto realizzato con Le Forche Caudine 321 a.C. – 2021 d.C.. Sei riuscito nell’impresa di realizzare un disco di altissima qualità dopo il già ottimo La Tavola Osca. Vuoi parlarci della sua realizzazione?
Quando inizio un progetto parto sempre da un’idea base e cerco di svilupparla fino a che non ne esaurisco ogni possibilità. Su Le Forche Caudine è molto evidente questo approccio, già sperimentato nel precedente La Tavola Osca e in maniera diversa e meno evidente su Spirit/Mystèrès. Lavorare sulla ‘lunga distanza’ (ossia una vicenda che si snoda per 38 minuti di Forche, dal primo all’ultimo secondo) mi porta a pensare in maniera minimalista il materiale ‘base’. Per materiale base intendo l’uso di alcuni riff (pochi) e/o cellule ritmico/melodiche che diventeranno le fondamenta sulle quali poi mi diverto a costruire il palazzo e a svilupparle a seconda di dove voglio portare la musica e di dove mi conducono gli eventi, passo dopo passo. Per Forche dovevo cambiare prima di tutto strumentazione e metodo rispetto al precedente La Tavola Osca, sia per l’epicità dell’argomento che per l’ambiente che volevo ricreare. Se su La Tavola Osca c’era l’Antico Rituale che voleva ricreare un ambiente austero durante il quale si veneravano gli Dèi, su Forche volevo far emergere l’altro lato del popolo italico: ossia quello guerriero.
Perché nel titolo oltre al 321 a.C. c’è il 2021 d.C.?
Sono sempre stato attratto dai numeri, dalla simbologia, il misticismo e sono fatalista. Non credo che sia casuale la composizione e l’uscita di Forche nell’anno del 2300esimo anniversario da quel grandioso evento che rese i Sanniti alla storia e segnò con disonore il destino dei Romani. In pochi si sono ricordati di questo grandioso avvenimento in un anno senz’altro particolarmente difficile come il 2021, ma era doveroso dedicare una ‘targa’ in memoria dei miei antenati per quella che probabilmente è stata la loro più grande impresa!
Girando per i siti e sui social è facile incontrare pareri entusiastici nei confronti della tua musica: senti a volte la pressione di dover sfornare ogni volta un disco di altissima qualità?
Avere un feedback, una recensione o un parere da parte di chi segue e ascolta Down Of A Dark Age è sempre interessante. Sono consapevole che la proposta e le strade che ho deciso di percorrere con La Tavola Osca e Le Forche Caudine possono minare chi non ha particolarmente voglia di scoprire o ‘impegnarsi’ in nuovi modi di ascoltare, ma sto cercando nuovi approcci compositivi per raccontare storie e memorie dimenticate, e cerco di farlo nel modo più sincero possibile. Personalmente credo sia alla base dello stimolo e della gratificazione personale spendere mesi, anni su un progetto che non uscirà fin quando l’ultima nota non mi soddisfa al 100%. Quello che poi l’ascoltatore percepisce è la parte più intrigante, che fa sì che un disco raggiunga cuori e menti che magari si appassionano, viaggiano in altre epoche e mondi, e questo per me vuol dire aver raggiunto la mia gratificazione personale, che poi si traduce in stimoli per continuare. Quindi più che un discorso di pressione nel dover tirar fuori un disco ‘più bello’ o ‘catchy’ del precedente, penso di portare il nuovo progetto verso nuove direzioni finora inesplorate. Questa è l’unica pressione che mi impongo da sempre.
Ti aspettavi questo tipo di riscontro da parte di webzine e ascoltatori?
Sono rimasto davvero sorpreso dalla reazione delle diverse webzine, sia leggendo le recensioni che vedendo Le Forche Caudine nelle preferenze dei migliori dischi 2021 per moltissime redazioni e siti online. Sinceramente non mi aspettavo un così alto riscontro, e tali riconoscimenti cerco di trasformarli in ulteriori stimoli per continuare a far sempre meglio.
Come ti sei mosso tra le tantissime pubblicazioni che trattano delle Forche Caudine? Ci sono dei testi in particolare che hai preso come fonti primarie? Come per La Tavola Osca hai provato ad essere più vicino alla realtà o visto che si tratta di una battaglia ti sei preso delle piccole libertà artistiche?
Partiamo dalla fine: cerco di essere sempre il più fedele possibile alle vicende storiche. Anche se parliamo di eventi accaduti oltre 2300 anni fa è quasi impossibile avere fonti ‘certe’ su tali avvenimenti. Paradossalmente mentre per la Tavola Osca abbiamo già la Sua parola incisa su bronzo, con le Divinità e i Rituali che dovevano svolgersi ciclicamente nel corso delle stagioni, riguardo la battaglia delle Forche Caudine le uniche informazioni che abbiamo ci provengono per mano dei nemici, oltretutto risalenti a secoli dopo sul libro VII di Ad Urbe Condita di Tito Livio (dal quale ho ripreso la scena di quando Gaio Ponzio manda a chiamare suo padre Herennio perché lo consigliasse nel decidere la sorte dei 16 mila legionari intrappolati tra le gole del Sannio). Oltretutto sappiamo che la storia la scrivono i vincitori, quindi anche le parole e i passi di Livio vanno considerati con molta attenzione. Preferisco risalire alla memoria storica di studiosi, appassionati e scrittori, che puntualmente contatto a seconda dell’argomento trattato. Se sulla Tavola Osca lo scrittore/storico Nicola Mastronardi mi ha dato informazioni utili per decifrare Rituali e Divinità sulla tavola stessa, per Forche devo ringraziare pubblicamente Luciano D’Amico, che mi ha condotto più di una volta sul posto dell’agguato e che mi ha guidato alla scoperta di come devono essere andate le cose in quel giorno di primavera di 2300 anni fa. L’arrivo dei romani diretti in Puglia e la preparazione minuziosa della trappola. Oltre ad altre storie meno conosciute che hanno senz’altro alimentato l’odio dei romani verso i Sanniti, che culmina con lo sterminio di Porta Collina dell’82 a.C. per volere del dictator Cornelio Silla.
Ho trovato Le Forche Caudine 321 a.C. – 2021 d.C. più dinamico e “scorrevole” del precedente La Tavola Osca: è così anche per te?
Ogni disco, ogni storia che decido di affrontare mi porta a esplorare sentieri sempre diversi, sotto tutti i punti di vista. Non so se Forche è più scorrevole, ma senz’altro l’aggiunta della batteria di Emanuele Prandoni ha dato un grandissimo contributo. Gli argomenti tra i due dischi sono completamente diversi e la ritualità statica della Tavola rispetto all’agguato ai romani hanno senz’altro portato a differenziare nettamente i due album, sia sotto il profilo della scrittura che come strumentazione e arrangiamenti. Quindi fuori flauti e voce lirica femminile che erano importanti su Tavola e dentro tromboni, contrabbasso, percussioni etniche e coro di uomini in marcia su Forche. Il prossimo disco avrà ancora moltissime sorprese rispetto ai precedenti…
Giochiamo un po’: potendo tornare indietro nel tempo, parteciperesti come guerriero alla battaglia delle Forche Caudine, rischiando però di morire realmente?
Questa è una gran bella domanda per la quale c’è una sola risposta possibile. Pare che i Sanniti Pentri fossero i ‘peggiori’ nemici dei Romani e i più testardi e pieni di orgoglio e onore. Non si arresero a Roma nemmeno sull’orlo dello sterminio e mai si sottomisero. Quindi l’ultima scena del disco che ripercorre la marcia finale dei vincitori con l’esercito che intona “Onore e gloria” è senza dubbio la migliore risposta.
Anche per questo disco è stata realizzata una special edition a dir poco bella: ce ne vuoi parlare?
A differenza de La Tavola Osca la special edition l’ho voluta curare personalmente per le 99 copie, e ci tenevo che fossero diverse l’una dall’altra, al di fuori dei contenuti musicali. Per la prima volta c’è una tape contenete le fondamenta, le prime prove fatte per Forche, oltre a delle foglie provenienti dal Sannio e altro materiale, compresa un’antica mappa della Valle Caudina. Naturalmente il guerriero Sannita sulla copertina della musicassetta è l’emblema del disco e altri piccoli particolari sono presenti, come il certificato di autenticità firmato… Davvero un gran lavoro per bruciare gli spartiti e plastificarli, ritagliare le mappe, personalizzare il sacchetto esterno con il laccio in cuoio, il tutto in linea con la mia idea di Black Metal, prettamente homemade.
Gli ultimi tuoi lavori hanno tematiche storiche/archeologiche: continuerai su questa strada per il prossimo disco? Hai qualche anticipazione da poter dare?
Mi fa estremamente piacere che ci sia curiosità sulla prossima uscita, ma non posso far trapelare niente a riguardo almeno fino a quando non avrò alcune conferme. L’unica cosa che posso dirti è che avrà (ancora) a che fare con la mia terra e i miei antenati. Sotto che forma e argomento è ancora prematuro per svelarlo…
Dawn Of A Dark Age in concerto, magari per pochi selezionati eventi. Potrà mai accadere?
Difficile ma non improbabile, senz’altro non in questo periodo dove sto portando avanti oltre Dawn Of A Dark Age altri progetti che a breve vedranno la luce, uno dei quali avrà una vera e propria leggenda del black metal come ospite. Vedremo in futuro!
Vittorio, è sempre un piacere parlare con te e soprattutto è un piacere ascoltare la tua musica. Vuoi aggiungere qualcosa e salutare i lettori?
Il piacere è reciproco, grazie a te e Mr.Folk per divulgare storie di altri tempi della penisola italica (e non) e l’unica cosa che posso aggiungere è che noi band underground ci teniamo in vita grazie al vostro supporto, e proviamo sempre a tenere alta la qualità della proposta. Se vi piace il nostro modo di fare musica e raccontare le storie dei nostri antenati vi consiglio di fare un giro sulla nostra pagina Bandcamp: https://dawnofadarkage.bandcamp.com/ Alla prossima!
Rispondi