Mistur – In Memoriam
2016 – full-length – Dark Essence Records
VOTO: 9 – Recensore: Mr. Folk
Formazione: Oliver Øien: voce – Stian Bakketeig: chitarra – André Raunehaug: chitarra – Bjarte Brellid: basso – Tomas Myklebust: batteria – Espen Bakketeig: tastiera, voce
Tracklist: 1. Downfall – 2. Distant Peaks – 3. Firstborn Son – 4. Matriarch’s Lament – 5. The Sight – 6. Tears Of Remembrance
Attende, disco d’esordio dei norvegesi Mistur, è stato un vero colpo al cuore, in grado di risvegliare dallo stato di torpore gli amanti del sognametal ad anni di distanza dalla tragica scomparsa del mai abbastanza compianto Valfar, mente dei Windir. Ci sono voluti ben sette anni per poter ascoltare la seconda opera della formazione proveniente da Kaupanger, In Memoriam, un lavoro lungo cinquantacinque minuti diviso in appena sei capitoli.
La curiosità è tanta e la domanda è solo una: come suonano i Mustur del 2016? Da Attende di tempo ne è passato e la band, com’è normale che sia, ha un approccio diverso come In Memoriam testimonia. Si può azzardare dicendo che questo sia un lavoro migliore del debutto, pur suonando differente? Difficile da stabilire, ma si può tranquillamente dire che In Memoriam è un cd di grande qualità tanto quanto lo è Attende, solo che l’effetto che ne scaturisce l’ascolto è certamente ampliato dagli anni dell’attesa. Questo è un disco di puro sognametal, sotto-genere sconosciuto ai più, suonato da pochissime band tutte provenienti dalla stessa zona della Norvegia, Sogndal.
Downfall è l’apertura perfetta: la tensione sale filo a sfociare nell’urlo liberatorio di Oliver Øien, mentre la band sfida l’inferno con riff gelidi e ritmiche furiose… il ritorno dei Mistur non poteva essere migliore! Sette minuti di melodie sognanti, malinconiche ed epiche al tempo spesso, impreziosite dal drumming chirurgico di Tomas Myklebust e dalla presenza delle clean vocals nei momenti migliori. La violenza di Distant Peaks è quasi spaventosa; ci pensano le tastiere a donare quel tocco symphonic black metal di tre lustri fa che, unito alla melodia di fondo, rendono il tutto accattivante fino allo stacco a metà canzone, soft e raffinato, dal retrogusto progressive. La ripresa delle ostilità mostra i Mistur molto vicini ai maestri Opeth del periodo Blackwater Park: un sound inaspettato, che la formazione norvegese riesce a gestire e rendere proprio. Le ritmiche assassine proseguono in Firstborn Son, up-tempo che non disprezza rallentamenti e momenti meno estremi. La parte strumentale a metà brano suona fresca e diversa da tutto quello che si sente nel genere viking/black per riff di chitarra e approccio alla composizione. Le urla animalesche di Oliver Øien ci fanno sprofondare nell’abisso del terrore mentre il pulito di Espen Bakketeig riporta alla mente alcune sonorità di Vintersorg e Borknagar. L’intro di tastiera spiana la strada alla furia di Matriarch’s Lament, black metal melodico che vede un ottimo alternarsi di partiture violente ad altre maggiormente orecchiabili e vagamente progressive, in sintonia con il concept che muove In Memoriam, ovvero con il ragazzo che attende paziente la propria vendetta, ricordando la distruzione della propria fattoria e l’uccisione di tutti i cari. La prova dei musicisti è eccellente e la lunga parte strumentale è la ciliegina sulla torta per una canzone che mostra i Mistur più sperimentali e senza paura. Il cd si conclude con due brani da oltre undici minuti l’uno: The Sight e Tears Of Remembrance. Il primo è pezzo quadrato con dei giri di chitarra che oltrepassano i limiti del black per approdare verso fraseggi freschi e poco noti a queste altitudini, dove la tastiera di Bakketeig dona un sapore seventies con brevi e mirati interventi. La conclusiva e “quasi” strumentale Tears Of Remembrance sfoggia una malinconia che trafigge il cuore, eco lontano di un tempo che non tornerà, tempo che porta via i nostri cari senza preavviso. I numerosi riff spaziano fra tristi melodie e accattivanti muri sonori dettati dalla possente sezione ritmica, i blast beat e le poche grida di Øien lasciano il palcoscenico a una sorta di ritornello con Bakketeig che sfodera un’interpretazione e una linea vocale da urlo.
Alla musica sopraffina si aggiungono l’ottimo artwork opera dell’artista Bjarne Egge, autore anche del dipinto utilizzato come copertina, e la produzione di Espen Bakketeig e Ole Hartvigsen (ex Mistur, dal 2010 con i Kampfar), nitida e aggressiva, ideale per questo tipo di sonorità. Il missaggio è stato affidato a Bjørnar Erevik Nilsen (Helheim di raunijar, Galar di De Gjenlevende ma anche Taake, Ov Hell, Skuggjsá ecc.) e il risultato è impeccabile.
Ci sono voluti ben sette anni, ma il ritorno di Espen Bakketeig (eccezionali i suoi interventi di voce pulita) e soci è di quelli che non passa inosservato. Tutto suona perfetto, la musica avvolge e incatena l’ascoltatore, i cinquantacinque minuti del cd sono colmi di sensazioni fortissime e quando si arriva alle ultime note di Tears Of Remembrance si ha la necessità di premere nuovamente play e immergersi un’altra volta in questo capolavoro sognametal. L’unica cosa che a questo punto ci si può augurare, è di non dover attendere altri sette anni per ascoltare un nuovo disco dei Mistur. In Memoriam è un cd che sfiora la perfezione, da ascoltare e amare.
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