Live report: Enslaved a Roma

ENSLAVED + NE OBLIVISCARIS + OCEANS OF SLUMBER

27 ottobre, Traffic Live Club, Roma

locandina

La notizia è principalmente una: gli Enslaved, dopo quasi venti anni, tornano a suonare a Roma. La cosa viene ricordata anche dalla band norvegese durante il concerto, con il frontman Grutle Kjellson che va a stringere la mano al vissuto metallaro accanto a me, unico superstite di quella storica data. Ma andiamo con ordine.

Primi a salire sul palco sono i texani Oceans Of Slumber, band capeggiata dalla brava cantante Cammie Gilbert: i brani del recente Winter (Century Media Records) sono gli ovvi protagonisti, un mix moderno di vari stili di metal – ottimo il drumming di Dobber Beverly – che tanto interesse sembra riscuotere tra i giovanissimi. Non a caso, le file dinanzi al palco sono in parte occupate da giovani sbarbati ragazzi ai primi concerti. La breve performance del combo di Houston, definito da molti come progressive metal (?!), convince gli scettici e avvicina i curiosi, un buon modo per iniziare la serata.

A meno di un anno dallo scorso show capitolino di spalla ai Cradle Of Filth, i Ne Obliviscaris tornano ancora più forti e con un numero di fan sempre maggiore. I cinque brani in scaletta confermano quel che si dice di loro: formazione potente e precisa, ricca d’influenze e in grado di reggere benissimo il palcoscenico. Se il goticone Marc Campbell, in arte Xenoir, non apre bocca se non per urlare al microfono, ci pensa il cantante/violinista Tim Charles (autore anche di un bel tuffo sul pubblico!), a sorridere e interagire con la platea, letteralmente rapita dalle note delle varie Of Petrichor Weaves Black Noise e And Plague Flowers The Kaleidoscope (entrambe estrapolate dal debutto Portal Of I risalente al 2012). Quel che è certo è che Ne Obliviscaris meritano un minutaggio più ampio e almeno un tour da co-headliner, magari dopo la pubblicazione del terzo album: i ragazzi australiani sono tra le migliori realtà del metal estremo, con un sound personale e con un’innata capacità di reggere il palco, cosa non da tutti.

Scaletta Ne Obliviscaris: 1. Devour Me, Colossus (Part I): Blackholes – 2. Of Petrichor Weaves Black Noise – 3. Painters Of The Tempest (Part II): Triptych Lux – 4. Pyrrhic – 5. And Plague Flowers The Kaleidoscope

Era il 17 dicembre 1997, il locale si chiamava “Frontiera”: da allora gli Enslaved non sono più scesi a Roma, ma grazie agli sforzi degli organizzatori la band norvegese torna finalmente a calcare un palcoscenico della capitale dopo ben diciannove interminabili anni. L’album da promuovere è l’ottimo In Times, ma ad aprire lo show ci pensa Roots Of The Mountain, brano tratto dal fenomenale RIITIIR. Atteggiamento e presenza sono quelli classici delle band scandinave vecchia scuola, anche se Grutle sorprende tutti con una grande loquacità (compresi un paio di “Forza Roma!”) e diversi siparietti con l’amico di una vita Ivar Bjørnson (“la prossima canzone è una cover del Banco Del Mutuo Soccorso, ah no, a Ivar non piacciono!”), un orso nei modi e nella presenza. La scaletta varia dal demo Yggdrasill del 1992 con la feroce Fenris all’ultimo cd con Building The Fire e la notevole One Thousand Years Of Rain dal riffing ipnotico, passando per le release di metà carriera (The Crossing, per esempio), accontentando davvero tutti. Tutti tranne me, “colpevole” di amare alla follia Eld, lavoro per l’occasione completamente ignorato nonostante le diverse richieste di suonare l’impegnativa – sedici minuti – 793 (Slaget om Lindisfarne) da parte di diversi intenditori presenti in sala. Tornando seri, sorprende in positivo la chiusura del bis affidata ad Allfáðr Oðinn, puro black/viking risalente al primissimo demo Nema del 1991, ma è chiara l’intenzione degli Enslaved di dare tutto al pubblico, non limitandosi solamente alla fase più recente della propria carriera.

Si accendono le luci e sono presi d’assalto gli stand del merchandise (o il bar, a seconda dei gusti), con le band al completo felici di parlare con il proprio pubblico, farsi immortalare in fotografie e autografare i dischi (molti vinili in giro, che bella cosa!). Gli Enslaved, invece, si sono a mala pena visti, ma come detto prima, la loro attitudine è diversa e sono persone estremamente riservate. Speriamo solamente non ci vogliano altri diciannove anni per ammirarli nuovamente in concerto a Roma. Come dicono gli ultimi versi della canzone Eld: “Vår lekam skal brennast ved Ragnarok – Våre sjeler bindast i Frost og Eld”, ovvero “La nostra carne brucerà al Ragnarok, le nostre anime si unireanno nel Gelo e nel Fuoco”.

Scaletta Enslaved: 1. Roots Of The Mountain – 2. Ruun – 3. The Watcher – 4. Building With Fire – 5. Ethica Odini – 6. Fenris – 7. The Crossing – 8. Ground – 9. One Thousand Years Of Rain – 10. Allfadr Odinn

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