Heidra – The Blackening Tide
2018 – full-length – Time To Kill Records
VOTO: 8,5 – recensore: Mr. Folk
Formazione: Morten Bryld: voce – Martin W. Jensen: chitarra – Carlos G.R.: chitarra – James Atkin: basso – Dennis Stockmarr: batteria
Tracklist: 1. Dawn – 2. The Price In Blood – 3. Rain Of Embers – 4. Lady Of The Shade – 5. A Crown Of Five Fingers – 6. The Blackening Tide – 7. Corrupted Shores – 8. Hell’s Depths
Quattro anni dopo il debutto Awaiting Dawn i danesi Heidra tornano a farsi sentire con un nuovo disco targato Time To Kill Records e la prima cosa che si nota ascoltando il cd è la “nuova” strada intrapresa dai musicisti di Copenhagen. Non che ci sia da stupirsi: se l’EP Sworn Of Vengeance (2012) risentiva dell’influenza degli Ensiferum, già con il full-length di due anni più tardi Morten Bryld e soci avevano piantato il seme del cambiamento che ha dato i propri frutti con The Blackening Tide. Sia chiaro, non si parla di una vera e propria trasformazione, ma di una sana, gagliarda e pienamente riuscita maturazione artistica che ha portato gli Heidra dall’essere una “classica” (e dotata) formazione folk metal in un gruppo dalla difficile catalogazione: i riferimenti folk non mancano, ma le orchestrazioni si sono fatte più incisive, le chitarre di Carlos G.R. e Martin W. Jensen prendono spesso il centro del palco a suon di veloci note e melodie accattivanti, ma il vero protagonista del cd è senza ombra di dubbio il cantante Morten Bryld. La sua voce potente ed espressiva è in grado di dare una marcia in più ai brani, soprattutto quando passa con estrema naturalezza dal growl al pulito suscitando ogni volta un misto di stupore e ammirazione. Il grande lavoro svolto sulle linee vocali, anche quelle meno memorizzabili che non fanno parte dei ritornelli, sono create per dar risalto alla voce del frontman e tutti questi sforzi si riflettono sul risultato finale.
Un’altra arma a favore di The Blackening Tide è l’ottima produzione opera di Marco Mastrobuono: i danesi hanno registrato il disco a Roma, presso i Kick Recording Studio e il tempo impiegato nella capitale è stato ben speso data l’elevata qualità che si può ascoltare una volta inserito il cd nel lettore. Gli strumenti sono tutti ben bilanciati, i suoni naturali e frizzanti, l’ascolto potente: l’audio non ha nulla da invidiare ai lavori rilasciati dalle potenti major internazionali. La copertina è in linea con la musica, ovvero epica e “raffinata”, che fa sognare chi la osserva e si immedesima nel personaggio che con regalità ammira il mare in tempesta.
L’iniziale Dawn è probabilmente il miglior esempio della natura camaleontica degli Heidra: muri di chitarre e melodie sognanti si sorreggono sul lavoro della possente sezione ritmica, con il cantante che spazia dal growl al melodico più volte. La seguente The Price In Blood ha un iniziale e adrenalinico tocco power che si trasforma presto in un brano dal sapore folk metal senza però ricordare qualche nome importante della scena. Proprio qui sta il cambiamento degli Heidra: qualunque tipo di canzone propongano lo fanno con personalità e una naturalezza che anni fa non gli era propria. L’ascolto prosegue con Rain Of Embers, inizialmente lenta e malinconica, cresce nella sofferenza e nella crudeltà di pari passo con il concept di The Blackening Tide che a sua volta è il seguito di quanto raccontato nel debutto Awaiting Down. Il re deposto vuole tornare sul trono che è suo di diritto e per farlo scende in battaglia contro il nemico: lo scontro è cruento e sembra vederlo vincitore fino a quando, poco prima di poter gridare alla vittoria, succede qualcosa che scaraventa il re e il suo esercito in un reame infernale. Il break centrale di Lady Of The Shade dà il via a un susseguirsi di cambio tempo, riff inusuali, note di pianoforte e altri dettagli che stupiscono per coraggio e che si incastrano alla perfezione con il resto della canzone. La quinta traccia è A Crown Of Five Fingers, in un certo senso semplice e lineare, caratterizzata dal bellissimo cantato pulito del ritornello, mentre la title-track è forse il brano migliore dell’intera discografia degli Heidra, completa sotto ogni aspetto e abbastanza varia da non far pesare i sei minuti e mezzo di durata. Il cantato è intenso, le chitarre libere di creare e la batteria di Dennis Stockmarr macina pattern potenti e dinamici, con la brutale accelerazione finale che pone fine a una signora canzone. L’arpeggio di chitarra apre Corrupted Shores, traccia che si snoda tra ritmiche up-tempo e ritornelli diretti che portano a Hell’s Depths, ultimo pezzo del cd. Le sonorità sono inizialmente struggenti, sanno di un triste addio, e il bridge, tra intrecci di chitarre e il crescendo vocale, è un inno all’epicità scandinava che si poteva ascoltare in dischi di quindici anni fa. La seconda parte della composizione è più robusta e vede aumentare progressivamente la “cattiveria” fino al break che riporta, infine, alle sonorità struggenti dei primi minuti, come una sorta di cerchio che si chiude avendo detto tutto quello che c’era da dire. Hell’s Depths è forse il miglior modo per chiudere un disco come The Blackening Tide, un emozionante viaggio nel concept portato avanti dalla band, ma anche un viaggio musicale iniziato anni fa e ancora non arrivato a destinazione. Di sicuro, quello che aspetta gli Heidra non è possibile immaginarlo, ma siamo tutti eccitati e curiosi di sapere dove porterà i cinque musicisti.
Il secondo disco di Bryld e soci è quello della consacrazione, ora gli Heidra camminano con le proprie gambe senza essere seguiti dall’ombra di altre band ad ogni nota suonata, ma cosa ancora più importante, The Blackening Tide è un lavoro completo e bello, senza cali di qualità e con numerosi spunti vincenti disseminati tra le varie tracce: quasi cinquanta minuti di musica senza una sbavatura, anzi, interessante fino all’ultimo secondo dell’ultima canzone. Gli Heidra hanno fatto un importante passo in avanti e il responso che riceveranno sarà la giusta ricompensa per il duro lavoro fatto per arrivare fino a questo punto.
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