Intervista: Barad Guldur

Con i Barad Guldur si parla di una vera chicca folk metal dell’underground italiano. Potrebbe sembrare una cosa positiva, ma io la trovo incredibilmente negativa, perché la musica del nuovo disco Vishapner dovrebbe risuonare dalla casse dei locali, nelle cuffie degli appassionati del genere, negli hi-fi casalinghi, e invece si sta parlando di un cd poco conosciuto per il valore che ha. Ecco allora che un semplice articolo come questo può essere il mezzo per far conoscere un po’ di più un gruppo e la sua musica fatta col cuore, ma anche con il cervello. Buona lettura, e dopo aver letto l’intervista il mio invito è quello di andare ad ascoltare Vishapner e poi acquistare il cd.

La prima cosa che ho notato è la formazione che è cambiata in parecchi elementi. Come funzionano i Barad Guldur: ci siete tu e tua moglie a dirigere la band o c’è una sorta di democrazia? 

Ciao Mister Folk e bentrovati! È sempre un piacere per noi poter fare due chiacchiere con te. Iniziamo col dire che i Barad Guldur sono in evoluzione continua e questo comporta, purtroppo, anche cambi di formazione. A volte si prendono nuove vie, altre volte ci si rende conto che non è la propria strada… la chiave per noi è avere dei capisaldi, uno zoccolo duro, che, si spera, possa estendersi e rafforzarsi sempre più nel tempo. In un qualche modo eè bello sapere che tanti musicisti hanno collaborato a questo progetto, nella speranza che – desiderio personale di Ivan – possa vedere sempre più artisti coinvolti. I Barad Guldur non sono una democrazia, ma nemmeno una dittatura. Siamo come un branco di lupi, dove la madre e il padre ascoltano le voci di tutti, poi dirigono il coro a formare un’armonia unica, anche quando tutto può sembrare stonato all’inizio. Siamo la guida e questo vuol dire prendersi responsabilità, anche per le eventuali mancanze di altri e vuol dire anche dare i meriti ed essere fieri di chi si è messo in opera. Siamo una famiglia. 

Tra Frammenti Di Oscurità Vishapner si sente che la band è progredita, sviluppando e aumentando la personalità. Collegandomi alla domanda precedente mi chiedo se quindi tutto ciò è dovuto al nucleo principale che è rimasto inalterato tra i due dischi o se i nuovi arrivati hanno contribuito anche nella scrittura dei brani. 

Fra il primo e il secondo album si è iniziato a dare sempre più spazio a ogni musicista. L’obiettivo futuro è dare totale libertà affinché ognuno lasci la sua impronta, ragionando però all’unisono. C’è stato sicuramente un progresso: in Vishapner, ad esempio, si sentono la composizione e l’influenza di Andy alla chitarra, che ha fatto evolvere la parte chitarristica con la sua esperienza ed è stata data maggiore enfasi alle orchestrazioni e ai cori. Siamo passati quindi da Frammenti di Oscurità con un sound più semplice alla complessità di Vishapner. Il nucleo principale, quello zoccolo duro, è composto da Mac, Eliana ed Ivan e ha permesso la continuità del progetto. Nuovi elementi si sono uniti al viaggio e, come detto prima, la famiglia si è allargata, anche perché considereremo sempre chi ha camminato con noi parte dei Barad Guldur

Il disco è autoprodotto e la cosa mi sembra sinceramente incredibile. Mi chiedo quindi se la vostra è una scelta precisa o se le etichette interpellate non si sono dimostrate adeguatamente interessate. 

Etichette? Giuro, per me sono come la neve all’Equatore. Esistono davvero?! Cioè, sì, ma in un mondo che mi vedo tanto lontano e, forse, irraggiungibile. Non so come funzioni effettivamente il mondo discografico, nonostante faccia musica da più di vent’anni… a oggi, per me, rimane un mistero irrisolto. (nota di Ivan) I Barad Guldur non hanno ancora contattato nessuna etichetta e da nessuna sono stati contattati. Non sapremmo dire se questo sia un bene o un male. Sicuramente e potenzialmente un’esperienza da vivere. Chissà, forse un giorno… per ora noi restiamo nel nostro piccolo con l’autoproduzione. Preferiamo avere sicuramente un sound meno all’altezza dei prodotti odierni, ma curare altri aspetti, come la ricerca mitologica o folkloristica che sta dietro ogni brano. 

Come sono nate le canzoni di Vishapner? C’è uno schema che si ripete (esempio: si parte da un riff di chitarra) oppure l’idea iniziale può nascere dalla cornamusa quanto dalla chitarra? 

Ogni singola canzone nasce da uno schema, una struttura, ispirandoci a brani che amiamo. Niente melodie, niente parole, nulla, solo la struttura vuota, così da capire subito tutta la progressione, le cadute o i crescendo. Poi si vanno a cercare tutte le melodie strumentali da inserire e si inizia a dare un significato a quel vuoto. Dalle melodie, alle armonie. Poi una base minima ritmica, per comprendere come deve “girare” il brano. Con questa “base”, le chitarre hanno completo spazio per “giocare” con il pezzo, avendo solo come punto fermo le melodie e armonie già presenti. Allo stesso modo anche la batteria lavora sulla base, evolvendo le fondamenta. Poi aggiungiamo dove sentiamo mancare qualcosa… Riarrangiamo, mettiamo tutto “in bolla”. Infine si gettano tutte le parole chiave del testo, sapendo dove si vuole andare a parare col racconto. Infine lavoriamo sulle linee vocali del testo stesso, che vanno in parallelo con la stesura di esso e la sillabazione. 

Considerando la storia della copertina del vostro debutto (una creatura nata dalla fantasia della figlia di Eliana e Ivan) mi chiedo se c’è una storia interessante anche dietro a quella di Vishapner.

Così come per Frammenti di Oscurità abbiamo racchiuso diverse simbologie nella figura di Aionkel (la creatura nata dalla fantasia di Luna), anche la copertina di Vishapner ha determinati richiami. La prima cosa che si nota è il volto demoniaco di un drago, ricostruito e reinterpretato a partire da raffigurazioni mitologiche. Gli elementi presenti (come le corna e la stella a otto punte) non sono stati scelti a caso: è ricorrente il numero otto, come il numero delle tracce. L’album presenta tuttavia sette draghi, poiché il brano Vishapner parla di queste creature in generale; l’ottavo drago è presente nella title track del primo album: Frammento di Oscurità. Questo fa sì che le due opere siano collegate fra loro in un concept continuo. 

Ogni brano tratta di un drago di una determinata mitologia, una sorta, quindi, ci concept album. Da dove nasce l’idea del drago e in quale maniera avete deciso di affrontarla? 

Nasce da un forte richiamo personale e dalla ricerca sulla simbologia di questa creatura, attraverso fonti archeologiche, folkloristiche, mitologiche e letterarie. Abbiamo affrontato l’idea creando, per l’appunto, un concept, un racconto: una sorta di apocalisse, in cui i draghi – antichi spiriti – si risvegliano e portano la razza umana alla sua fine e dando un nuovo inizio alla Terra (vedisi la simbologia dell’Ouroboros). Ogni drago lascia un messaggio a chi ascolta. Ne abbiamo scelto uno per ogni parte del mondo, dovendo purtroppo fare una selezione fra migliaia di mitologie, per far sì che Vishapner fosse un viaggio attorno al pianeta e in altri mondi. 

L’impressione avuta è che si sia andati in profondità, cercando anche con una certa poesia di raccontare le cose. Draghi sì, ma in maniera adulta e colta. Sbaglio? 

Non sbagli e ci fa piacere sia stata colta l’importanza di questa ricerca nella quale abbiamo investito molto tempo. Ci siamo voluti distaccare dal classico immaginario medievale del drago come “creatura malvagia da sconfiggere” e siamo andati a riprendere le antiche simbologie, tutte collegate tra loro attraverso la figura archetipica di esso come spirito e custode degli elementi della Natura e portatore di conoscenza. Eliana ha trattato questo tema in una sua conferenza: Draghi, Custodi della Terra, che ci ha aiutati nello sviluppo del concept. Una nota è che la parola “drago” compare solo nella title track. Draghi sì, ma non merce da fast food! 

Formazione numerosa e quindi non facile da gestire e da portare in tour. Avete intenzione di suonare live o proseguirete solamente in acustico come già fate con la formazione ridotta? 

Abbiamo assolutamente desiderio di esibirci in elettrico quanto prima. È un lavoro davvero duro poter portare i brani degli album, considerando tanti aspetti, fra cui la formazione numerosa, ma l’intento è far conoscere i Barad Guldur alla gente in ogni loro aspetto. Finora ci siamo esibiti in acustico con formazione ridotta e con brani medievali per praticità e per il nostro amore di far festa. Non perderemo mai questo spirito e continueremo anche su questa via, ma desideriamo poter esprimere quel nostro lato oscuro che soltanto nei brani in elettrico traspare. Ci stiamo preparando! 

Avete il nome tolkieniano, quindi devo chiederlo: vi è piaciuta la serie Gli Anelli del Potere di Amazon? 

J.R.R. Tolkien è da sempre nostra fonte principale d’ispirazione, non soltanto nel nome della band, ma le sue influenze e citazioni sono nascoste all’interno dei brani, di cui alcuni interamente dedicati al mondo tolkieniano: Lodar I Lais Ben Laer Sul nel primo album e Ancalagon nel secondo. Per quanto riguarda la serie crediamo che ognuno di noi abbia il proprio parere. Personalmente, parlando come Eliana ed Ivan, abbiamo un giudizio che sicuramente si distacca da quello “mainstream”. Partendo da pregiudizi potenzialmente negativi, guardando e analizzando poi la serie – con un giudizio basato anche sulla nostra esperienza nel mondo teatrale – e sorvolando su eventuali anacronismi (dovuti per palesi ragioni di copione e stesura degli eventi), abbiamo apprezzato ed amato la serie. Il livello recitativo è molto alto, i fatti ben giostrati coi dovuti colpi di scena, le ambientazioni mozzafiato e le colonne sonore emozionanti ed epiche. Ci aspettavamo qualcosa di scialbo, senza una trama, con eventi sconnessi, poche battute fini a loro stesse e ci siamo trovati fra le mani un gioiello e non vediamo l’ora di vedere come continuerà. Speriamo che più persone possano goderselo senza troppo criticismo e senza farsi aspettative basate su come loro avrebbero visto nel loro immaginario quegli eventi, ma semplicemente vivendo la storia in sé. 

Quali sono i vostri ascolti di questo inizio 2023? 

Gli ascolti sono sempre quelli che ci portiamo dietro da un’intera vita, prestando però orecchio a nuovi progetti del mondo musicale che ci circonda. Ognuno di noi segue diversi generi, che confluiscono tutti in quello che noi stessi proponiamo, quindi ci troviamo a navigare in un oceano vasto fra rotte sicure e nuovi lidi da esplorare: da tutto il mondo metal in ogni sottogenere, alla musica classica, colonne sonore, musica folk e d’atmosfera. La lista sarebbe veramente lunga e ognuno di noi avrebbe un elenco infinito. 

Vi sentite parte della scena folk metal italiana? 

Sì, ma ancora non del tutto, almeno finché non saremo finalmente su un palco. I Barad Guldur esistono e non solo “sulla carta”, in un CD, su un’app o sito; non vediamo l’ora di stare con la gente, condividere il palco con altri artisti e sentire il calore di chi ci ama. 

Come sarà il 2023 per i Barad Guldur? 

Ci sono un po’ di progetti in cantiere, oltre l’intenzione di esibirci in elettrico. In primis siamo alla ricerca di un’agenzia con la quale collaborare per gli spettacoli. Desidereremmo registrare un paio di brani medievali in acustico e realizzarne un video a tema. Stiamo, inoltre, iniziando a mettere le basi per quello che sarà il terzo album, un continuo naturale degli eventi dei due precedenti. Un nuovo concept, quindi? Assolutamente sì con una nuova tematica da affrontare per noi. Ci saranno nuove sperimentazioni musicali con ispirazioni di generi diversi, anche fra loro. Nuovi musicanti si sono uniti e il nostro cammino continua. A tutti voi che ci seguite in questo viaggio auguriamo di non smettere mai di sognare!

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