Metsatöll – Äio
2010 – full-length – Spinefarm Records
VOTO: 9 – Recensore: Mr. Folk
Formazione: Markus “Rabapagan”: voce, chitarra – KuriRaivo: basso – Varulven: cornamusa estone, flauti, zither, scacciapensieri, chitarra, voce – Marko Atso: batteria
Tracklist: 1. Ema hääl kutsub – 2. Kui rebeneb taevas – 3. Tuletalgud – 4. Vaid vaprust – 5. Äio – 6. Vihatõbine – 7. Kuni pole kodus, olen kaugel teel – 8. Vägi ja võim – 9. Minu kodu – 10. Nüüd tulge, mu kaimud – 11. Roju – 12. Kabelimatsid – 13. Verijää – 14. Jõud
Inizio dalla conclusione: Äio è un bellissimo album di pagan metal. Un disco che dopo decine e decine di passaggi continua ad entusiasmare come la prima volta, svelando in continuazione piccole particolarità che con i semplici ascolti “superficiali” non si notano: per questo mi permetto di consigliare l’immersione di questo lavoro con le cuffie, in modo da essere isolati dall’ambiente circostante lasciando disegnare alla musica un mondo nuovo in cui i quattro elementi terra-fuocoaria-acqua spadroneggiano su uno sfondo color marrone. Chiudendo gli occhi, disteso sul letto ad ascoltare i sessanta minuti di Äio ho “visto” esattamente quello: perfetta quindi la scelta della copertina, un dipinto di Jüri Arrak dal titolo A Figure With A Figure.
Solitamente preferisco album con al massimo dieci canzoni (o un minutaggio contenuto), preferendo qualche brano in meno a favore della qualità e della scorrevolezza del disco: beh, in Äio le tracce sono quattordici, tutte di fattura elevata e con una gran bella varietà stilistica, dove si alternano rocciose cavalcate dal sapore heavy metal, brani dalla forte impronta tradizionale estone e canzoni pregne di atmosfere pagane. Il climax è dunque ricco di richiami storico-culturali che evocano antiche tradizioni a rischio estinzione, vuoi per una società “costretta” a (s)correre verso il futuro, vuoi per una globalizzazione che tende ad appiattire le evidenti differenze tra i popoli e le culture. I Metsatöll meritano rispetto perché, oltre al fatto di essere ottimi musicisti e compositori, sono orgogliosi delle proprie origini e cultura, ribadendo questo legame in ogni album con l’inserimento di canti tradizionali tra le canzoni “vere”: ritmi – questi – quasi tribali che permettono all’ascoltatore di entrare nell’atmosfera di certi ritrovi tipici dell’Estonia, facendolo sentire per qualche minuto parte di un’annosa memoria che, testarda e orgogliosa, resiste alle tentazioni della società occidentale.
Äio è stato concepito in una piccola e isolata fattoria ad Hargla, nel sud dell’Estonia, per esser poi registrato in parte ai Sinusoid Studios di Tallinn e in parte presso i famosi Finnvox Studios di Helsinki, dove si è anche svolto il mixaggio ad opera di Mikko Karmila (Amorphis, Nightwish, Children Of Bodom ecc.). Il sound è potente e pulito, reale e vibrante. I volumi degli strumenti sono regolati perfettamente, dando risalto di volta in volta alla cornamusa, al basso o al flauto, a seconda dell’esigenza della singola canzone.
Mia consuetudine è descrivere traccia per traccia il contenuto musicale degli album sotto analisi, cosa che questa volta non succederà per due motivi: il primo è che quattordici tracce sono tante e finirei per annoiare (e annoiarmi!) nonostante siano tutte meritevoli di almeno una breve descrizione; il secondo è che trovo difficoltà nel “raccontare” ciò che i brani contengono realmente, dato che spesso si va oltre la “solita” canzone, al di là della bella melodia, dell’armonia, della tecnica. Äio entra in un territorio dove le emozioni non sono spiegabili con le sole parole; emozioni che messe per iscritto perderebbero gran parte del loro significato e comunque non renderebbero giustizia alle vibrazioni interne, ai brividi lungo la schiena che si hanno durante i vari ascolti. Sarebbe come cercare di raccontare un quadro di Caravaggio a chi quell’opera non l’ha mai vista: per quanto la descrizione possa esser ben concepita, solo trovandovisi dinnanzi il quadro produrrà i sentimenti che l’Arte con l’A maiuscola sa suscitare.
Allora che ci sto a fare -vi chiederete- se non descrivo il contenuto musicale del disco? In realtà qualcosa vi dico, soffermandomi su quelli che reputo essere i migliori quattro brani di Äio, ovvero la title-track, Vihatõbine, Minu Kodu e Roju. Äio è stato il primo singolo pubblicato su myspace, in quanto contiene tutti i classici ingredienti vecchi e nuovi del Metsatöll-sound: bellissime melodie ad opera del polistrumentista Lauri “Varulven”, epiche cavalcate di chitarra e un drumming robusto e vario al punto giusto. Di nuovo c’è che i riff di chitarra sono “più metal”, sfumatura presente in quasi tutti i brani (ascoltare l’inizio roboante di Vaid Vaprust per credere). Nuovo è anche un certo gusto per le arie inquietanti, sinistre, diverse dalle la “solita” melodia folk metal, spesso “allegra”. Molto bella inoltre la parte finale: un muro heavy metal di oltre un minuto con doppia cassa e riff stoppati a rendere l’uscita davvero esplosiva. Dicevo di refrain inquietanti: in Vihatõbine troverete anche riff oscuri e un cantato nenia da far accapponare la pelle. Ma il bello arriva dopo due minuti e mezzo, dove ognuno dei musicisti sembra andare per conto proprio, creando un insieme di controtempi e dissonanze che intrecciandosi formano un’atmosfera di cupa malevolenza: è come se quattro demoni dell’est si fossero impossessati dei Metsatöll facendoli suonare come mai prima. Il risultato è “spaventoso”, nel vero senso della parola. La chitarra è marcia e terrificante, il drumming di Marko Atso potente e deciso, il basso di Raivo “Kuriraivo” Piirsalu pulsante come non mai con il buon Lauri a creare un tappeto d’inquietudine con la torupill, la tipica cornamusa estone. Sono venti anni che ascolto heavy metal ma mai nulla di paragonabile alla parte centrale di Vihatõbine. Minu Kodu è introdotta da un arpeggio di chitarra per poi prendere il via con un riff massiccio e cadenzato, ottimo per oscillare la testa come solo noi metallari sappiamo fare. Le strofe sono accompagnate dal delicato flauto di Lauri, mentre Markus “Rabapagan” canta con la sua caratteristica voce sgraziata (perfetta per il sound del gruppo) un ritornello melodico e abbastanza inusuale per la band. Il capolavoro, però, è Roju, canzone che unisce perfettamente riff pesanti, atmosfere pagane e un chorus che in sede live farà cantare anche la security:
Hei-hei naised nüüd, kõlab meeste sõjahüüd
Heitke seljast undrukud, me murrame kui marutuul
Il brano ha la classica struttura strofa-ritornello, a dimostrazione di come i quattro estoni sappiano trasformare un’idea semplice in un vero inno da urlare a squarciagola. Altre canzoni particolari sono Kuni Pole Kodus, Olen Kaugel Teel (Until I Arrive At Home, I’m On A Distant Road) la quale è una delicata ballata sul ritorno a casa di un viaggiatore, e la conclusiva Jõud con il suo ritornello stranamente orecchiabile, dal retrogusto quasi hair metal ’80: un bizzarro esperimento che però non si può non apprezzare visto il buonissimo risultato finale. Le altre canzoni, “semplicemente” belle, farebbero fare un figurone ad un qualsiasi altro album di folk-pagan metal uscito negli ultimi anni.
I Metsatöll restano dunque fedeli alla loro tradizione, sia musicale sia culturale, senza paura di osare o provare soluzioni nuove e rischiose, ed anzi, facendo di questi elementi gli assi portanti della nuova direzione intrapresa. Mi ritrovo così tra le mani quello che sicuramente è il più bell’album della loro già notevole discografia: un platter che sicuramente rimarrà nella storia del genere grazie a “vibrazioni” semplicemente uniche. Capolavoro!
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