Artaius – Torn Banners
2015 – full-length – Bakerteam Records
VOTO: 8 – Recensore: Mr. Folk
Formazione: Sara Cucci: voce – Francesco Leone: voce – Massimo Connelli: chitarra – Enrico Bertoni: basso – Alessandro Ludwig Agati: batteria – Giovanni Grandi: tastiera
Scaletta: 1. Seven Months – 2. Daphne – 3. Leviathan – 4. Eternal Circle – 5. The Hidden Path – 6. Pictures Of Life – 7. Pearls Of Suffering – 8. Dualità – 9. By Gods Stolen – 10. By Humans Claimed – 11. Torn Banners
Gli Artaius avevano colpito favorevolmente critica e pubblico con il debutto The Fifth Season del 2013, un disco di non semplice assimilazione per via delle sonorità non tipicamente folk metal, dove influenze progressive e un songwriting insolito per questo genere musicale rendevano il cd interessante quanto ostico. Il nuovo lavoro Torn Banners, licenziato da Bakerteam Records, estremizza gli aspetti del sound finora conosciuti, ma è possibile notare come l’anima del gruppo sia rimasta la stessa. L’insieme di folk-death-progressive è insidioso quanto ben riuscito, gli Artaius danno prova di maturità e personalità nonostante i cambi di formazione (via la violinista/flautista Mia Spattini e il chitarrista Andrea La Torre, dentro l’axeman Massimo Connelli e il cantante Francesco Leone in veste di ospite), riuscendo più volte a stupire l’ascoltatore.
Il disco si apre con Seven Months, brano dal sapore celtico nel quale la ringhiosa chitarra costruisce un imponente muro sonoro. Tra stacchi vigorosi e la voce di Sara Cucci, una certezza per qualità ed espressività, spicca l’ottimo growl/scream del nuovo arrivato Leone, perfettamente a suo agio nel sound camaleontico del gruppo. L’iniziale aggressività di Daphne porta a melodie celtiche e al ritornello soft, il tutto arricchito dal lavoro della tastiera. Leviathan è una canzone dalle mille sfaccettature, tutte ben amalgamate tra di loro: riff dal piglio moderno, violino struggente e accelerazioni di batteria si alternano con estrema naturalezza a brevi parti jazzate e hammond d’annata. Ascoltate le prime tre canzoni si può iniziare a parlare dell’ottima qualità audio: il disco è stato curato in tutte le fasi di registrazione e produzione da Riccardo Pasini presso lo Studio 73 (Extrema, Ephel Duath, Handful Of Hate ecc.), il quale ha svolto un lavoro certosino su strumenti ed equalizzazione. Torn Banners prosegue con Eternal Circle, caratterizzata da una prima parte tirata e da una seconda più folkeggiante, dinamica e anche progressiva. Un bel riff scandinavo introduce The Hidden Path, presto arricchita dalla sezione folk in grande spolvero sorretta dalla tastiera di Giovanni Grandi: si tratta di uno dei pezzi meglio riusciti del cd e che forse rappresenta in pieno l’incredibile combinazione di stili che caratterizza gli Artaius. Si cambia registro per Pictures Of Life, una ballad molto intensa nella quale la cantante Cucci si esalta, ben supportata dal resto della band. La canzone, inaspettata e spiazzante per certi versi, spezza in due il disco che riparte con Pearls Of Suffering: i primi minuti sono sottotono rispetto al resto del cd, mentre da metà composizione in poi, in seguito a un cambio d’umore non indifferente, le cose migliorano non poco, tra sonorità progressive ’70 e frizzante folk metal. Dualità è l’unico brano cantato in italiano, la voce femminile prevale su quella maschile, ma quando s’intrecciano il risultato è grandioso; il lavoro della tastiera è fondamentale e spicca anche l’aggressività del batterista Alessandro Ludwig Agati, sempre preciso e potente. Poco più di tre minuti per By Gods Stolen, un concentrato d’idee e di suoni, tra flauti e feroci stop’n’go, mentre il pianoforte ci conduce nella soave By Humans Claimed, una sorta di power ballad toccante cantata dalla sola Sara Cucci. La title-track, non particolarmente ispirata, è posta in chiusura di disco e racchiude tutto quello che è presente nei precedenti dieci pezzi.
Il secondo disco degli Artaius è un azzardo ben riuscito: più folk, più progressive, più estremo e “moderno” rispetto al debutto, con una produzione di alto livello e le buone prove dei singoli musicisti (rispetto a The Fifth Season la voce maschile ha fatto un salto di qualità, da menzionare gli ospiti al violino Tim Charles degli australiani Ne Obliviscaris e Lucio Stefano, Dario Caradente dei Kalevala hms ai flauti) che si dimostrano artisti con molto da dire. Torn Banners è un lavoro potenzialmente di grande impatto, capace di piacere e incuriosire gli ascoltatori di più sotto-generi. Un cd che va ascoltato diverse volte e con molta attenzione, in grado, però, di trasmettere grandi emozioni.
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