Intervista: Eduardo Vitolo

In occasione della recente pubblicazione di Black Sabbath. Neon Knights. Testi commentati da parte di Mondadori in allegato alle riviste Panorama e TV Sorrisi e Canzoni, ho avuto una piacevole chiacchierata con il giornalista/scrittore Eduardo Vitolo, grande conoscitore della band di Birmingham. Nell’ora d’intervista abbiamo parlato, tra le altre cose, della sua carriera e dei libri da lui pubblicati, dei Black Sabbath “minori” e, naturalmente, del suo ottimo e interessante libro. Buona lettura!

Edu

Raccontami la tua storia di scrittore.

Ricordo il primo articolo che ho scritto, era di musica e parlava della scena locale del mio paese, con i gruppi che esistevano all’epoca, per un giornale della zona che veniva distribuito gratuitamente, quindi già a quel tempo non si guadagnava una lira… Era il 1994. Ho sempre collaborato con giornali locali fin da ragazzo, ma non ho mai avuto quell’input per farlo diventare un vero e proprio lavoro, perché studiavo giurisprudenza… Ero già capellone e ascoltavo i dischi su cassetta. Insomma era un’epoca preistorica! Avrei potuto fare il salto di qualità chiedendo di collaborare con riviste come Metal Shock, HM o Metal Hammer, ma il problema principale era che chiedevano se tu avessi un fax in casa perché era l’unico modo per inviarti celermente alcune comunicazioni e proposte, non come ora che con due email si risolve subito il problema. Mi proposi a Metal Shock e mi chiesero determinate cose tipo il fax e altro che ora non ricordo. Mi sono scoraggiato perché avrei dovuto affrontare una spesa non indifferente per fare questo “lavoro” ed ero ancora un ragazzo. Leggevo tanti libri ma non mi è mai passato per la mente di scriverne uno su un argomento a me caro come la musica, la letteratura, l’horror e il fantasy, così ho messo in stand-by i libri fino al 2009, mentre ho sempre collaborato come freelance con periodici e quotidiani, passando dalla cronaca nera alla cultura, dalle presentazioni alla moda, di tutto e di più. Ho sempre fatto il giornalista, ma lo scrittore vero e proprio ho iniziato a farlo nel 2009 prima con una pubblicazione indipendente di un racconto horror che ha lasciato il tempo che ha trovato e poi finalmente con i saggi musicali che sono quelli che mi hanno dato maggiore visibilità.

Come ti è venuta l’idea di scrivere il primo libro?

Horror Rock – La musica delle tenebre nasce da una mia antica ossessione: da vecchio lettore di Dylan Dog, forse ricorderai che c’era una rubrica di Stefano Marzorati sull’horror rock, che poi era quasi tutto metal. Tre-quattro-cinque pagine di death e thrash metal con tematiche horror. Ho anche comprato il suo libro che ancora custodisco gelosamente, e mi piaceva questo tema dell’horror rock, che poi da metallaro qual ero, mostrava una sorta di aggancio naturale. Si può dire che tutto l’horror che esiste, dal cinema alla letteratura, ai fumetti, è stato saccheggiato in buona parte dall’heavy metal. Mi sono ispirato a quelle cose che leggevo da ragazzo, ma volevo fare qualcosa di diverso. Partendo da questo io e Alessio Lazzati (al quale proposi il progetto) decidemmo di utilizzare dei temi precisi, evitando di fare delle semplici schede di tutti i gruppi presenti nel saggio. Ad esempio scegliemmo capitoli tematici dedicati a Lovecraft, vampiri, John Carpenter (famoso regista, nda), serial killer, cronaca nera etc. Un libro nato più per passione che altro, ma ancora apprezzato dai cultori del genere.

Dopo Horror Rock come hai deciso di andare avanti?

Horror Rock, La musica delle tenebre l’ho proposto a quattro/cinque editori: stranamente mi dissero tutti sì. Alla fine scelsi Arcana Edizioni perché era ed è un marchio storico dell’editoria musicale. Intanto ero in contatto con Tsunami Edizioni un editore più recente che mi piaceva molto. Studiando il loro catalogo proposi subito un lavoro che potesse essere nelle loro corde in quanto Eugenio e Max (i boss della casa editrice, nda) pubblicano principalmente libri sul metal. La mia proposta si chiamava Sub Terra. Rock estremo e Cultura Underground in Italia (1977 – 1998). Da vecchio collezionista e appassionato di underground, spiegai che “avevo un sacco di materiale, flyer, fanzine e dischi e che volevo parlare della scena estrema italiana perché nessuno l’aveva mai fatto prima”. Un libro che raccontasse la “scena” estrema in Italia, così come si era evoluta negli anni; uno studio personale che ancora oggi potrebbe piacere sia ai vecchi nostalgici sia a chi vuole scoprire il nostro passato musicale. Figurati che originariamente volevo pubblicare il tutto online, sul mio blog (http://ilmondodiedu.blogspot.it). Tsunami alla fine mi ha detto di sì e mi hanno pubblicato nel 2012.

Dopo Sub Terra è il turno dei Black Sabbath, giusto?

Il libro dei Black Sabbath mi è stato proposto da Arcana Edizioni subito dopo Horror Rock ed è stato pubblicato nel 2012, dopo diversi mesi di ricerca e scrittura. Mi sono divertito a commentare quasi tutti i testi dei Black Sabbath, dico “quasi” perché abbiamo deciso (io e l’editore) di dare maggiore importanza a certi dischi, come ad esempio quelli dell’era Ozzy Osbourne piuttosto che a quelli della Tony Martin era. Purtroppo non lo dico io ma le vendite dei suddetti dischi. Sad but True!

Dopo il libro sui Black Sabbath sei tornato a Tsunami con Magister Dixit.

Questo progetto ha avuto una gestazione molto particolare perché Bartoccetti all’inizio doveva essere in Sub Terra in quanto volevo partire da Jacula fino ad arrivare al 1998. Però mi sono accorto che avevo messo talmente tanta carne al fuoco che non bastava il tempo per scrivere di tutto e di tutti, quindi ho preso la decisione di partire dai Death SS tagliando Jacula e Antonius Rex perché altrimenti avrei dovuto addentrarmi anche nel progressive più oscuro e nascosto, facendo un discorso ancora più ampio. Una mattina mi è arrivata un’email di Bartoccetti nella quale mi chiedeva di scrivere la sua biografia e ho detto subito di sì perché sono un grande fan della sua musica. Abbiamo creato il progetto insieme e abbiamo poi proposto la biografia a Eugenio e Max di Tsunami che si sono resi subito disponibili per la pubblicazione.

Come ti sei avvicinato alla musica e perché i Black Sabbath ti hanno colpito?

Da ragazzo c’era il passaparola dei nomi fondamentali. Quando inizi ad ascoltare rock/metal i nomi sono sempre quelli: Led Zeppelin, Black Sabbath, Iron Maiden, Saxon, Judas Priest ecc. Avevo amici e parenti più grandi che avevano in casa dischi come Paranoid, che è stato uno dei miei primi ascolti: non a caso mi era stato consigliato per capire cosa fosse davvero il metal. Crescendo poi ho approfondito altri gruppi come i Black Sabbath senza Ozzy, quindi con Ronnie James Dio e Tony Martin. In particolar modo sono un fan accanito di un disco che non è piaciuto a nessuno e ancora oggi suscita pareri discordi: Born Again.

Born Again è fantastico e Ian Gillian è meraviglioso, è stato il secondo disco dei Black Sabbath che ho comprato proprio perché c’era lui alla voce: essendo cresciuto con i Deep Purple, appena saputo dell’esistenza di questo lavoro me lo sono subito comprato, come si faceva all’epoca.

Io ne sono rimasto attratto perché è un disco realmente oscuro. Lo paragono al primo disco dei Black Sabbath. Secondo me con Born Again volevano tornare a pubblicare qualcosa col cosiddetto “dark sound sabbathiano”, insomma tornare al passato. Magari Gillian non voleva, è stato messo in mezzo senza volerlo, magari aveva altre idee, però quel disco mi piace molto perché è davvero oscuro sia come temi che come musiche e, non a caso, piace a un sacco di gente che pubblica album death metal, come Chris Barnes (cantante dei Six Feet Under ed ex Cannibal Corpse, nda) che lo considera il suo disco preferito. Ci sarà un collegamento in un certo senso, no? Born Again è un disco che può piacere a chi apprezza il lato oscuro della band, e a me piace proprio per quello.

L’altro giorno ascoltavo Forbidden… Tony Martin mi piace, fa anche simpatia perché è visto un po’ come lo “sfortunato” della situazione per via dei dischi prodotti e perché arrivava dopo che i vari R.J.Dio se ne andavano… ma alcuni dischi con lui alla voce sono proprio belli, come The Eternal Idol e Headless Cross

L’incarnazione con Tony Martin è quella epic/doom dei Black Sabbath, ed è un genere che, ahimè, non piace a tutti. Se vai a vedere il fan medio dei Sabbath ama maggiormente Ozzy e canzoni come Paranoid, Planet Caravan o Iron Man cioè quei brani che non sono realmente doom o metal, ma votati a un certo tipo di rock a tinte crepuscolari. Martin, con il suo timbro più acuto, poteva rivolgersi solamente a un target preciso di ascoltatori e i dischi con lui dietro al microfono sono indirizzati, a mio avviso, agli amanti dell’heavy metal tout court.

13 ti è piaciuto?

Sul mio blog ho fatto un track by track (lo si può leggere QUI, nda ): sì e no. Certe cose sono scopiazzature dei vecchi lavori con Ozzy, altre no… Quando pubblicarono il primo brano, God Is Dead, a me piacque molto, è Black Sabbath 100%, ma il disco è anche molto prevedibile.

Come è venuta fuori questa cosa di Mondadori di pubblicare il tuo libro con Panorama e TV Sorrisi e Canzoni? C’era qualcosa nell’aria?

Non c’era nulla nell’aria. Semplicemente in quel periodo stavano già pubblicando i primi dischi dei Black Sabbath e Arcana Edizioni ha giustamente proposto il mio lavoro a Mondadori dicendo: “voi state pubblicando la discografia con Ozzy, qui c’è il libro del tale autore che ha commentato tutti i testi dell’era Ozzy in maniera precisa e con uno stile particolare” – questa credo sia stata la loro presentazione. Inoltre Arcana aveva già fatto uscire in passato altri libri con TV Sorrisi e Canzoni, i Queen se non erro, così con il mio libro si andava a colmare una carenza da edicola, chiamiamola così. So che Mondadori l’ha letto prima di accettare e ne sono anche abbastanza fiero anche perché arrivare a Mondadori non è facile, soprattutto quando si scrive di metal. Mi fa piacere che sia stato presentato così come avevo scritto io, utilizzando la frase riferita ai Black Sabbath come “gli alfieri dell’heavy metal”, perché è come se avessero accettato che i Sabbath sono in primis un gruppo heavy metal e poi un gruppo rock. Tra l’altro mi sarebbe piaciuto commentare anche l’ultimo disco, ma non è stato possibile perché tra la proposta e la pubblicazione del libro sono passate meno di due settimane, ma se potessi tornare indietro mi piacerebbe mettere qualche altro testo con Tony Martin e l’ultimo album.

LibroEdu

Perché Neon Knigths come titolo?

Perché sono un appassionato di medioevo e mi piacciono i cavalieri. Mi piace il brano, le due parole, l’interpretazione del testo ecc. e così l’ho scelto. Neon Knigths è 100 % Black Sabbath.

Come mai non hai trattato tutti i testi della discografia, e con quale criterio hai scelto le canzoni da prendere in considerazione?

Mi sono consultato con Arcana e abbiamo deciso che la discografia con Ozzy Osbourne e Ronnie James Dio andava approfondita maggiormente rispetto agli altri lavori. Per i cd con Gillian, Hughes e Martin ho scelto quei testi che avevano maggiori legami con la letteratura, col folclore e con la mitologia. Sfatiamo un tabù: non tutti i testi dei Black Sabbath hanno temi precisi che si possono sviscerare facilmente. Molti testi sono ricchi di nonsense; non hanno questa grande profondità o temi complessi da essere spiegati al lettore. Quando ho fatto la selezione, ho fatto una scelta tra i testi che andavano raccontati, spiegati e interpretati, e altri che purtroppo non è che dicessero granché. Quando pubblichi un libro devi dare un input al lettore, dirgli qualcosa che non sa. Ho ragionato con la mente di un curioso e mi sono detto: “devo commentare quei testi che vanno oltre la traduzione, dove posso interpretare quei temi che l’ascoltatore medio dei Black Sabbath, per distrazione o per non interesse, tende ad ignorare”. Dai riscontri che ho avuto e sto avendo penso di aver dato qualcosa in più (o magari di diverso) rispetto ai tanti libri pubblicati sulla band.

Quali sono, secondo te, i tre testi più rappresentativi dei Black Sabbath, quelli che delineano al meglio l’anima della band?

Il primo in assoluto è Black Sabbath, l’apice della band, e tutto il metal inizia da lì. C’è il brodo primordiale del metal in tutte le sue forme. Dalle atmosfere orrorifiche, ai riff di chitarra, al testo che parla di questa presenza malvagia che si aggira minacciosa… Un pezzo fondamentale non solo dei Black Sabbath, ma del metal tutto. Mi piace molto Iron Man, perché è come leggere un Urania (storica collana editoriale italiana di fantascienza con la quale hanno pubblicato, tra gli altri, Philip K. Dick e Isaac Isemov, nda), o meglio ancora è come leggere un libro di fantascienza secondo Geezer Butler. All’inizio pensavo si fosse ispirato al fumetto Iron Man della Marvel, invece il testo è tutta farina del suo sacco. Mi piace il fatto che ci sia questo personaggio che viene dal futuro per avvertire la popolazione che sta per arrivare l’apocalisse: le persone invece lo prendono in giro e diventa lui stesso il mezzo dell’apocalisse che aveva predetto. Va oltre la qualità media dei testi dei Black Sabbath. Come terzo testo metto Born Again perché (come già detto) mi piace moltissimo. Sono i Black Sabbath nella loro purezza: oscuri, sotterranei, violenti, “satanici” (tra virgolette perché in realtà non lo erano).

Uno dei punti forti del tuo libro è che durante la spiegazione del testo racconti aneddoti, illustri determinate situazioni, non ti limiti alla semplice traduzione.

Attraverso i testi ho voluto tracciare un percorso che parte da un punto e arriva a un altro e in mezzo ci sono tutte le varie evoluzioni e traversie. Volevo comunque che fosse un percorso “letterario”, con un inizio, una continuazione e una fine, e non i testi tradotti messi lì, freddi. Volevo scrivere qualcosa in più del solito “il disco è stato registrato lì”, “il testo parla di…”. Desideravo mettere qualcosa in più, che spiegasse com’è nato e come si è evoluto un brano, che suggestioni ha, cosa racconta, se Butler ha letto un determinato libro in quel momento ecc. Ti dico subito che molte sono mie interpretazioni personali e che magari qualche lettore potrebbe anche non accettare. Io interpreto dei testi e do una mia visione. E in passato ho ricevuto una recensione dove mi si diceva che sì, il libro era fatto bene, ma per i testi davo la mia interpretazione che non per forza era verità assoluta…

Ed è giusto così, da esperto dei Black Sabbath dai la tua interpretazione, così come un’altra persona, anche al pari della tua conoscenza, potrebbe darne una diversa, ma non per questo ce n’è una più giusta o sbagliata di altre.

A me sta bene, perché in questo modo ho dato una mia impronta al libro, così come ho fatto per altri che ho scritto. Mi piace utilizzare metafore e similitudini, mi piace scriverli col mio stile . Se dovessi fare una biografia con i fatti nudi e crudi e poco altro, forse non scriverei libri.

Hai dei progetti futuri?

Non vorrei scrivere saggi musicali per sempre.

Conoscendo la tua passione per l’horror mi viene da pensare che vorresti scrivere romanzi horror…

Sì, mi piacerebbe scrivere di altro, non vorrei fossilizzarmi a scrivere di musica, fermo restando che il metal è la mia ossessione. Se mi propongono di scriverne un altro sul metal dico subito di sì, sia chiaro, però mi piacerebbe allargare i miei orizzonti. Semplicemente i miei interessi partono dal metal e vanno verso altro, ma non sempre è facile.

Se hai pubblicato con i massimi editori in Italia, sei arrivato in edicola con Mondadori, vuol dire che la penna c’è, ti auguro di poter allargare i tuoi orizzonti…

Grazie! Lo spero… A volte sembra di sì, ma quando ti vai a scontrare con un “no” rimani deluso e allora pensi: “tutto quello che ho fatto finora dov’è andato?”.

(Segue una lunga e interessante discussione sullo stile della scrittura…)

Ci sono autori che hanno sviluppato uno stile di scrittura che piace a loro in primis, ma non alla gente. Se tu scrivi e lo vuoi fare a lungo, a un certo punto devi decidere: lo faccio per me stesso o lo faccio per gli altri? Perché se scrivi una frase che è lunga cinque righe, devi mettere in preventivo che ai lettori, un polpettone del genere, può anche non piacere. Sono convinto – ma è anche l’esperienza che te lo fa capire – che determinati concetti li devi saper spiegare al lettore, ma se lo fai in due righe invece di cinque, è anche meglio.

Concordo con te, sono sempre per le cose lineari… la frase ad effetto sta bene ogni tanto, perché spezza “la monotonia della semplicità”, pur con lo stile e tutto il resto, mentre è faticoso seguire un discorso costruito da frasi intricate.

Noi pubblichiamo libri, vogliamo essere letti e apprezzati. Alla fine si scrive per gli altri. Mi fa ridere la gente che dice “io scrivo per me stesso”: no, tu non scrivi per te stesso, perché se hai deciso di pubblicare un libro non stai più scrivendo per te stesso, ma lo stai facendo per i tuoi futuri lettori. Se lo fai solo ed esclusivamente per te stesso, assembla un e-book e regalalo al mondo, affermando: “io sono così: prendere o lasciare”. Nel momento in cui invece hai deciso di pubblicarlo, la frase di cui sopra ha poco senso, e quando un libro costa venti-venticinque euro, Pincopallino ha tutto il diritto di dire la sua, bene o male che sia. Devi fare in modo di accontentare il lettore, ovviamente mantenendo il tuo stile, con le tue frasi, però ti devi sempre confrontare con il lettore.

Siamo arrivati alla fine…

Leggetevi Black Sabbath. Neon Knights, testi commentati sotto l’ombrellone visto che è estate e si legge di più – almeno così si dice… –. Fiondatevi in edicola e, tra un bagno e l’altro, godetevi le pagine dedicate ai mitici Sabbath!

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